di Elisabetta Scarpelli
Dal dizionario, Stato: “Organizzazione sovrana di un popolo su un territorio’”.
Quindi, nello specifico, persone che scelgono e decidono per tutti.
E qui troviamo personaggi che non hanno mai lavorato un giorno, che s’improvvisano dirigenti e gestiscono imprese, spendendo e spandendo senza criterio di sorta, che spesso risultano in perdita, (ma chi se ne frega? Tanto ci pensa il popolo bue a ripianare i conti), burocrati e maneggioni che assumono “creando lavoro” che non esiste, TOTALMENTE INUTILE, ma tanto l’importante è rimanere in sella e garantirsi privilegi & vitalizi d’ogni sorta.
Troviamo capetti che vogliono decidere a che ora accendere il riscaldamento, in che giorni, quando dobbiamo fare spesa e a che ora, cosa devono mangiare i nostri figli a scuola e tanto altro ancora. Alla fine l’unico risultato certo che questa ingerenza di Stato produce è una valanga di tasse, che bloccano i consumi e fanno chiudere e delocalizzare chi produce la vera ricchezza.
La mancanza di lavoro e l’impoverimento generale sono la conseguenza di uno Stato che vive a debito alimentando una folle spesa pubblica, saccheggiando, ormai da decenni, generazioni future di stabilità e opportunità. E lo fa con la rapina.
La rapina è, per definizione, l’appropriarsi della proprietà altrui con l’uso della violenza o della minaccia, quindi senza il consenso della vittima. E allora, cos’altro sarebbe mai la tassazione? Che ci preleva contro la nostra volontà, usando la forza e l’intimidazione le tasse, espropriandole dai nostri redditi prodotti, minacciando e applicando punizioni in caso di mancato pagamento delle stesse. Quindi, se le tasse sono una rapina (e lo sono), ne consegue, che quelle persone che la praticano e vivono grazie ad essa, gli statalisti e gli statalesi, sono semplicemente una banda di rapinatori.
Quindi lo Stato non può che essere una banda di criminali, e merita, tanto da un punto di vista morale, quanto da un punto di vista estetico e filosofico, di essere trattato esattamente alla stregua del gruppo delle canaglie socialmente meno rispettabili.
Siamo al capolinea come un malato terminale, stiamo morendo sotto il peso di troppo stato e stamattina sento ancora gente dire “il lavoro lo crea lo Stato” oppure “lo Stato deve garantire il lavoro a tutti”.