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    Le città invisibili

    SPIGOLATURE

    di Andrea Maino

    Le città invisibili

    Parafrasando Italo Calvino ne “Le città invisibili,1972”: “È inutile stabilire se le Canarie sono da classificare tra i luoghi felici o tra quelli infelici. Non è in queste due specie che ha senso considerare le isole, ma in altre due: se sono loro che continuano, attraverso gli anni e le mutazioni, a dare sempre forma ai tuoi desideri e se sono quelle in cui i tuoi desideri o cancellano le Canarie o ne sono cancellati.”

    È una questione di visione consapevole: o vedi sempre stimoli positivi nelle isole, o hai altri desideri che non puoi sviluppare alle Canarie o le Canarie cancellano i tuoi desideri perché non coerenti con loro.

    Nel percorso di ogni giorno pare che alcuni camminino a testa bassa, sempre più bassa, proferendo, con una certa solennità, lamentele e insulti sulla condizione della strada. Ma chi fa bike-trekking vuole una strada sterrata con ciottoli, invece chi pratica ciclismo la desidera asfaltata. Per i due la strada è un luogo felice o infelice? E se mutasse la sua struttura nel tempo? I due sono pronti ad adeguarsi?

    E dalle persone che abitano in questa città “invisibile” (nel senso che appunto non la vedono camminando a testa bassa) cosa ci si aspetta?


    Il pensiero che uccidere un essere malvagio serve a sconfiggere il male è un’illazione bella e buona, il pensiero di essere al centro dell’attenzione pure.

    Certo possiamo (e dobbiamo) cercare di cambiare la mutevolezza “fastidiosa” della natura, o dell’uomo, ma non lamentarsi o inveire se questi cambiano. Al pari dell’evoluzione della specie che ha modificato le pinne lobate di alcuni pesci in braccia perché finalmente sono emerse le terre.

    Le Canarie, quelle invisibili a molti, non sono né più né meno che luoghi, spazi ben definiti, osservabili, valutabili per un confronto (vero confronto) con se stessi. Difficilmente un bambino rifiuta un qualsiasi gioco gli venga proposto; non si problemizza molto e non ne fa un “casus belli” sulle scelte del suo ruolo, che sia in mosca cieca o in una partita di pallone, o in guardie e ladri. … E questi giochi i bambini li fanno magari con cose povere (una sfera di stracci al posto di un pallone) e in un luogo accidentato (uno sterrato pieno di erbacce), non importa se nella squadra blu o in quella gialla, senza pretendere più di tanto, come condizione per la propria felicità, di avere un pallone di cuoio regolamentare in un campo da calcetto con l’erba ben rasata e indossando la maglia ufficiale della propria squadra del cuore.

    Le Canarie “sono” e basta.

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