di Stefano Ferilli
Il Parque Nacional Garajonay si trova nella zona centro nord di La Gomera e con i suoi 40 km quadrati di estensione abbraccia tutti i comuni dell’isola.
Dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1986, deve il suo nome al rilievo presente al suo interno, il Garajonay che misura 1.484 metri di altitudine, ma a sua volta il monte ha preso il nome da un’antica storia risalente all’epoca dei Guanches e molto simile alla nota vicenda di Giulietta e Romeo.
Gara e Jonay infatti furono due giovani amanti, la prima una principessa di La Gomera e il secondo il figlio del re di Adeje; il loro amore proibito e nascosto pare scatenò le ire del Teide che iniziò ad eruttare nel momento in cui i due giovani si dichiararono pubblicamente.
Rotto dalle rispettive famiglie quel fidanzamento nato sotto cattivi auspici, i due giovani scapparono sul monte di La Gomera, dove decisero di suicidarsi per suggellare un amore che non poteva avere futuro; quel monte da quel momento in poi si chiamò Garajonay, dall’unione dei due nomi dei giovani amanti.
Il Parque Nacional è uno di quei luoghi dove si concentra la biodiversità dell’arcipelago e che possiede evidenti valori naturali eccezionali, come il bosco di laurisilva.
Nel 2012 quando un incendio mandò in fumo una buona parte del parco, venne iniziato un piano di recupero su larga scala e con tempistiche a lungo termine per contrastare le conseguenze terribili del fuoco e recuperare quello che viene considerato un gioiello naturale.
In questi ultimi anni sono stati piantati 15.000 esemplari tra faggi, allori e cedri nel 2014 e 16.500 nel 2015, operazioni che hanno coinvolto circa un centinaio di persone che hanno lavorato su una superficie complessiva di 800 ettari.
Le nuove coltivazioni fanno parte di un progetto in collaborazione con il Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di La Laguna che ha istituito alcune postazioni permanenti all’interno del parco al fine di monitorare i diversi tipi di vegetazione introdotti.
Parallelo al recupero delle coltivazioni, sono stati effettuati workshop, seminari e studi sulle condizioni climatiche per approntare eventuali piani di difesa e l’inserimento di specie considerate estinte, il tutto facente parte di un’iniziativa con un budget di 1,5 milioni di euro, dei quali il 50% finanziato dall’Unione Europea.