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    L’unità di misura dell’andare avanti: segnali di futuro alla fiera del libro

    Se gli stereotipi fossero persone, sarebbero quelli che comprano gli abbonamenti a teatro con i posti in prima fila, e poi a teatro non vanno mai.

    Fateci caso, ci sono sempre i posti migliori vuoti a disposizione di chi, a metà del primo atto, scivola al buio e cambia posto.

    La voglia di cultura a Tenerife c’è, e ci sono le iniziative, continue e a macchia di leopardo. Manca il lievito che aggreghi le persone nel posto giusto e al momento giusto.

    Ma qualcosa di muove.

    Si è appena conclusa la fiera del libro, epicentro di incontri fra chi legge e chi scrive, in sé nulla di diverso da una versione piccolina delle grandi realtà cui gli italiani sono abituati.

    Tuttavia, alla tappa di Adeje ho visto qualcosa di molto importante.

    Un dirigente spagnolo presentava in inglese… sì proprio in inglese! l’iniziativa dello stand in cui la giornalista della radio britannica presentava i libri di alcuni scrittori che risiedono e lavorano sull’isola.


    Per contro gli inglesi si scoprivano capaci di un po’ di interesse e riconoscenza per questa terra che offre loro non solo il sole,  i loro lavori meritavano attenzione, non era la sagra del dilettante in pensione.

    Si è dibattuto con ampio respiro in merito alla difficoltà di produrre cultura non sponsorizzata e non servile. Alla proposta di  creare una task force di gente di penna che si faccia carico di raccontare e spiegare questa isola così strana, “sospesa fra buen retiro per ricchi, rifugio per esuli e luogo di passaggio per gente globalizzata contro voglia”, è partito un sentito applauso.

    Ecco, dicevamo che Tenerife è un incubatore del futuro. Lo è infatti.

    L’Europa si prende il suo tempo per dibattersi nell’agonia inevitabile che la vedrà spegnersi in modo tanto più doloroso quanto più sarà tardivo.

    Nessun giornale del main stream sembra capace di produrre una riflessione sincera sul perché i comunisti spagnoli e l’estrema destra francese esprimano la stessa voglia di riconsegnare alla gente comune la regia del proprio futuro.

    Tenerife, nella mischia di una popolazione indefinita e un poco caotica, manda piccoli segnali luminosi: stiamo iniziando a vivere nel “dopo”.

    Qui iniziano ad accendersi focolai di persone che si rimboccano le maniche, si tendono una mano, se ne fregano dei luoghi dei comuni, e decidono che il futuro può essere oggi, escono di casa e il futuro “lo fanno”.

    Piccoli gesti, piccole iniziative, un passo alla volta, che non è poco, è l’unità di misura naturale dell’andare avanti.           

    NDR = i posti in prima fila degli italiani che sempre lamentano l’assenza di iniziative culturali nell’isola… erano vuoti ☺      

    di Claudia Maria Sini

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