Anche ai nostri giorni esistono gli eroi, quelli che lo diventano per troppa fede, per dignità, per rispetto di se stessi e dello Stato, che lavorano nel silenzio delle loro ricerche, del loro credo, che vivono sapendo d’aver vita corta, eppure ce la mettono tutta per riempirla di onestà e di senso del dovere.
Tra questi, Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, entrambi magistrati, che insieme agli uomini della scorta, morirono a Capaci, nella strage ordita contro di loro dalla mafia, nell’esplosione del manto stradale che stavano percorrendo e per loro imbottito di tritolo, il 23 maggio del 1992, sulla loro Croma blindata.
Sono già trascorsi 25 anni da allora, la mafia non è stata sconfitta, guardiamo serie tv intitolate a commissari della Polizia che, ostacolati spesso dai loro superiori, da quasi tutti chi li circonda, continuano a combatterla, che rispecchiano la verità, quella degli uomini veri che ancora ci sono e che sono meno noti degli “eroi” dell’Isola dei famosi CHE HANNO PATITO FAME E SOLITUDINE, il tutto per successo e denaro, o di quelli del Grande Fratello e altri “eroi” dello schermo che finiamo per confondere con quelli veri.
I Falcone si sposarono nell’86 e condivisero una vita isolata, “protetta”, nella Palermo degli anni ‘80. Già nell’89 le forze dell’ordine sventarono un attentato nei loro confronti nella villa di Falcone, sul mare, all’Addaura. Entrambi per decisione comune rinunciarono all’idea di avere figli per, parole loro, non concepire ORFANI.
Vi ricordate la vedova di Vito Schifani, l’agente della scorta ucciso con loro, che al funerale del marito gridò dall’altare della Chiesa di San Domenico, in lacrime, un appello ai mafiosi IO VI PERDONO MA VI DOVETE METTERE IN GINOCCHIO, il prete che officiava la funzione al suo fianco, la chiesa stipata… Il suo pianto ancora risuona come pioggia battente nei nostri ricordi.
“Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi” diceva Bertol Brecht. Una preghiera riserviamo oggi per queste persone che hanno giocato una partita per tutti noi, non l’hanno vinta, ma ci hanno provato con la fede di chi crede nelle istituzioni, quelle che li hanno abbandonati ad un destino già stabilito, già scritto. R.i.p.
di Danila Rocca