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    Il 2017 l’anno peggiore per le coltivazioni di banane nell’Arcipelago

    Un vero e proprio anno terribile, il 2017, per le coltivazioni di banane dell’Arcipelago, paragonabile solo al 1993 quando si perse gran parte del mercato nazionale per effetto della nascita dell’OCM, Organización Común de Mercado, oggi smantellata, che fece entrare le Canarie nell’allora Comunità Europea.

    E anche per il 2017 il mercato non è stato fedele alle statistiche paventate che prevedevano incrementi nelle vendite soprattutto nei mesi più proficui per il settore come la stagione autunnale e il mese di dicembre, chiudendosi con 18 milioni di kg di banane inutilizzate, un ammontare che rappresenta il 4% di tutta la produzione del 2016.

    Il nuovo anno, che si è aperto con un altro ritiro di un milione di kg di banane, non sembra dare per il momento segnali di ottimismo; la distruzione di frutta per eccesso di offerta ha provocato il crollo del mercato, cui si aggiunge una cattiva gestione dei residui, come nel caso di La Palma.

    Ma il fattore principale che minaccia uno dei settori un tempo più equilibrati e redditizi delle isole, è proprio l’importazione extra UE del prodotto, laddove quello che arriva da America e Africa ha occupato quasi il 50% del mercato, provocando un crollo insostenibile dei prezzi e conseguentemente quello della richiesta di banane delle Canarie.

    A peggiorare ulteriormente la situazione è stato un forte dissidio interno ad Asprocan dove due delle sei associazioni di produttori di banane esistenti sull’Arcipelago hanno abbandonato la nave; la questione pare avere trovato una timida risoluzione grazie a un intervento di mediazione di Fernando Clavijo che ha prodotto un accordo nei giorni scorsi.

    Il primo a chiedere una maggiore unità in Asprocan è stato l’attuale presidente delle associazioni di produttori Domingo Martín, rappresentante di Coplaca, Cupalma, Agriten, Plataneros de Canarias, Europlátano e Llanos de Sardina, le ultime due colpevoli di aver abbandonato il gruppo per non volersi sottomettere alle regole della maggioranza.

    Con un mercato sempre più aggressivo e una rottura tra le fila nazionali canarie, il 2018 si appresta quindi a diventare un anno con molte incertezze, senza considerare il fattore climatico che con la siccità ha causato un innalzamento del costo dell’acqua e un peggioramento della qualità del prodotto, un fattore che ha spinto molti piccoli agricoltori a rinunciare all’esportazione e a distruggere i raccolti.


     

     

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