Una delle leggende più conosciute sull’Arcipelago è quella del pirata Amaro Pargo, al secolo Amaro Rodríguez Felipe, sulla cui figura ruotano misteri e aneddoti.
Benjamin Reyes, creatore del documentario Amaro Pargo, entre la leyenda y la historia, svela nuovi particolari sul personaggio che è stato oggetto del suo accurato studio.
Amaro Pargo non era un pirata, semmai ha lavorato su una nave corsara, che è una cosa completamente diversa e soprattutto è stato un grande commerciante e proprietario terriero, tanto da diventare, questo sì, l’uomo più ricco dell’epoca nell’Arcipelago.
Questo in sunto l’esito degli studi di Reyes, una laurea in storia dell’arte e giornalismo, documentarista e responsabile di DocuRock, la terza edizione del Festival de Cine Documental de Música che si è tenuto recentemente.
Reyes ha dedicato, per la preparazione del documentario che è stato accettato dalla TV Canaria, un anno e mezzo di ricerca e consultazione di documenti mai mostrati prima alle telecamere.
Sulla base di quel lavoro, Reyes raggiunse un accordo con JR Producciones e in 10 giorni si registrò tutto il materiale, cui seguì un paziente lavoro di post produzione che ridusse il tutto in 52 minuti di documentario, al cui interno è stato in seguito inserito anche un racconto dello scrittore per l’infanzia Pompeyo Reina, narrato dalla voce di José Luis de Madariaga.
L’intento, sottolinea Reyes, è stato quello di portare al grande pubblico la vera conoscenza di uno dei personaggi storici più emblematici delle Canarie e su cui aleggia ancora un’aura di mistero riguardo al suo tesoro mai ritrovato.
Amaro Pargo era di ottima famiglia, i genitori erano proprietari di diversi terreni e di una casa a La Laguna, situata vicino all’eremo di San Cristóbal, nella quale egli nacque e crebbe insieme a 7 tra fratelli e sorelle, 3 delle quali divennero monache di clausura.
All’età di 14 anni Amaro lascia il nucleo famigliare e prende letteralmente il largo su una nave, dove acquisisce una particolare formazione ma soprattutto una considerevole ricchezza composta da 60 case, 13 vigneti, diverse navi da carico con cui commerciava in Messico, Venezuela, Cuba e Italia, esportando malvasia e brandy di produzione delle sue aziende e acquistando prodotti locali dei porti frequentati, per poi rivenderli, come cacao, tessuti, tabacco e, soprattutto, schiavi.
Per appropriarsi dei titoli di nobiltà e armi, Amaro Pargo dichiarò di avere nel proprio albero genealogico ben tre conquistatori dell’Arcipelago.
Nel corso degli anni i successi come brillante commerciante gli cucirono addosso una curiosa leggenda nella quale egli venne dipinto come una sorta di Robin Hood dell’isola, benefattore della chiesa e protettore dei poveri.
In realtà, precisa Reyes, dai documenti consultati che sono conservati nel Museo de Historia de Tenerife, a Casa Lercaro, si apprende che egli fece delle generose donazioni ma che lasciò la maggior parte dei suoi averi ai suoi nipoti che convolarono a nozze.
La finca di Toriño figura tra le proprietà che gli eredi ricevettero e che rientra in una delle leggende che riguardano Amaro Pargo.
Pare infatti che Felipe Trujillo, l’ultima persona a vivere in quella casa fino al 1975, anno in cui morì alla veneranda età di 99 anni, confidò ai vicini di essere un diretto discendente di Amaro Pargo, lasciando quindi intendere che la finca altro non era che la casa del pirata, ovvero il luogo dove il tesoro leggendario era stato nascosto.
Alla sua morte la casa venne letteralmente spogliata, la gente del popolo fece buche ovunque, distrusse pareti e tetti, non trovando ovviamente nulla.
Reyes svela anche in questo caso che Trujillo era in realtà il figlio di Juana, la serva di casa di Bartolomeo González de Meso, a sua volta figlio di Amaro González de Mesa, nipote di Amaro Pargo.
Riguardo invece alla leggendaria storia d’amore tra il pirata e la suora, la Siervita, Reyes ha raccolto informazioni che hanno rivelato che quest’ultima era di 35 anni più vecchia di lui e che morì 16 anni prima di Amaro Pargo.
Il legame tra i due era di reciproca ammirazione basata su un sentimento di fratellanza e di fede condivisa; Amaro Pargo la considerava il suo talismano protettore, tanto che alla sua morte volle che riposasse in un prezioso sarcofago che ne custodisse le spoglie.
Di lei conservò la croce del cilicio che pare lo salvò da un naufragio.
La riesumazione dei resti di Amaro Pargo a Santo Domingo divennero un autentico evento mediatico, addirittura inserito nella promozione della Ubisoft del celebre gioco Assassin’s Creed IV.
Una vincente campagna di marketing che, grazie al lavoro di Arqueomedia, permise di confermare l’autenticità dei resti di Amaro Pargo, supportata dalle prove del DNA.
La riesumazione permise inoltre di rilevare la ferita di arma che subì a Cuba e di trovare i corpi dei suoi genitori e del suo servo, che riposavano insieme a lui nel sepolcro di famiglia.
Tutto questo e altre rivelazioni sulla vita dell’emblematico commerciante canario sono contenuti nel documentario realizzato da Reyes con la sponsorizzazione della TV Canaria, che ha investito 10mila euro e ne ha acquistato i diritti per dieci anni, della città di La Laguna, 7000 euro, e di quella di El Rosario, 1200 euro.
E Reyes pensa già alla nuova sfida, non svelando il personaggio di cui si occuperà ma solo sottolineando che sarà fondamentale per il recupero del patrimonio culturale dell’Arcipelago.
di Ilaria Vitali