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    La roulette russa del voto degli italiani all’estero

    L’Italia dispone di un numero esorbitante di leggi, per rendere tutto ed il contrario di tutto, legale o illegale, a seconda delle circostanze.

    La Giustizia certa ed imparziale è un teatro e, coerentemente, ha l’uscita per gli artisti, piccola e sul retro.

    Una legge, fra le tante, regolamenta e protegge il viaggio delle schede elettorali dal luogo in cui vengono stampate alle mani dell’elettore all’estero, e da lì fino al momento dello spoglio.

    In realtà aggirare le regole anche in questo caso è facilissimo, non resta che sperare che chi può, scelga di non farlo.

    L’ambasciata ha facoltà di appaltare a privati la stampa delle schede. Il fortunato tipografo può costare oltre il triplo  del necessario e, se si opta per la stampa esterna, è praticamente impossibile sapere se stampa il numero esatto, qualcuna in più, o persino un gemello per ognuna.

    Le buste arrivano sfuse, partono sfuse, in mezzo alla pubblicità dell’IKEA e gli inviti di compleanno.

    Se tornano sane e salve all’ambasciata in tempo, impiegati infallibili per default le inscatolano senza perderne nemmeno una e le mandano sigillate a Roma… o così si spera.


    Che bello se questo grado di fiducia lo si applicasse alla dichiarazione dei redditi, o se ci chiedessero la parola d’onore quando ci richiedono di pagare la luce del 2010 e DOBBIAMO avere le ricevute…

    L’esito di spedizioni imperfette, ricevimenti tardivi, spedizioni sfortunate, smarrimenti ed impossibilità di controllo, è che a volte incidiamo sulla scelta di chi poi decide per noi, a volte no, ma è tutto legale.

    A volte invece, crediamo di averlo fatto ma non è così.

    E’ una forma di democrazia intermittente, come una roulette russa  fatta con il paint ball.

    Ora, concedendo il beneficio del dubbio, sempre dovuto quando si parla sul serio, che il voto degli italiani all’estero spesso ribalti il risultato delle elezioni o almeno lo influenzi in modo significativo dà MOLTO da pensare.

    Soprattutto perché avviene che troppo spesso premi il partito al governo.

    Quello che, per intenderci, nomina il personale delle ambasciate e distribuisce gli appalti a chi stampa le tessere e nomina i presidenti di seggio. 

    Cosa aspettiamo a sederci attorno ad un tavolo e fare qualcosa di concreto e utile perché questa indegna buffonata possa finire?

    Dall’ultimo sondaggio siamo 220.000 sparsi sulle 7 isole.

    Siamo tanti. Tanti tanti.

    Questo giro è andato, andrà come sempre, però potremmo rinunciare alla segretezza del voto e registrare su una pagina web chi vota, come vota, e pretendere di verificare la rispondenza con i dati che emergono dalle urne.

    In seguito, potremmo pretendere un consolato, un seggio ed una commissione di controllo dello spoglio al sud di Tenerife.

    Chi fosse dell’idea che si può fare, indipendente dall’orientamento politico, o chi avesse una proposta da avanzare, scriva alla Redazione.

    Utopia è il nome di tutti i  cambiamenti prima che qualcuno si rimbocchi le maniche e li metta in pratica.

    Claudia Maria Sini

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