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    Tenerife esamina le sue falde acquifere

    Il Consiglio Insulare delle Acque ha commissionato all’Università di La Laguna uno studio pionieristico delle falde acquifere di Tenerife, al fine di sapere se la presenza di nitrati in alcuni punti è dovuta all’attività agricola o a sversamenti provenienti da pozzi neri.

    L’80% dell’acqua che si consuma a Tenerife proviene dalle sue falde sotterranee alle quali sono collegati più di 1.000 tra pozzi e gallerie; l’importanza di questa risorsa idrica, la più grande destinata al consumo della popolazione, è fondamentale, così come lo sono il suo controllo e il suo monitoraggio per garantire la qualità dell’acqua e la sua corretta gestione.

    In alcune zone dell’isola è stata rilevata, in corrispondenza di terreni sottoposti ad intensa attività agricola, la presenza di nitrati nella falde in quantità superiori a quelle raccomandate e, benché l’attività umana sia altrettanto importante per la comunità, l’amministrazione di Tenerife ha deciso di analizzare non solo il contenuto dell’acqua ma di studiare le possibile cause di contaminazione.

    L’accordo che consentirà di effettuare un tipo di studio multidisciplinare sottoscritto tra l’ICAMT e la ULL è stato presentato in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, lo scorso 22 marzo, e riflette le preoccupazioni riguardo alla possibilità che alcuni pozzi neri siano i reali responsabili di una cattiva qualità della fornitura idrica.

    Come si evince da studi già effettuati, il sistema acquifero di Tenerife riceve acqua per infiltrazione di piogge e ritorno di irrigazione, perdendola per uscita sotterranea verso il mare e per estrazione da pozzi e gallerie.

    A dispetto della particolare conformazione del terreno, della lontananza tra le diverse falde e della bassa permeabilità del terreno, lo stato generale idrico di Tenerife è ottimo ma la possibilità che possano esistere punti dove le intense attività agricole, gli sversamenti urbani ed altri fattori rendano la qualità dell’acqua appena accettabile, è un elemento da studiare e valutare per il benessere comune.

    I consulenti chiamati a seguire il progetto avrebbero già affermato che i terreni vulcanici di Tenerife costituiscono un fattore purificante sulle acque reflue provenienti dai pozzi neri, ma per convalidare l’ipotesi occorrono studi più approfonditi.


    Benché non vi siano danni alle falde, afferma il consigliere del dipartimento dell’Acqua, esistono aree particolarmente vulnerabili e dopo 50 anni di utilizzo delle risorse è bene conoscerne nel dettaglio lo stato, così come è fondamentale controllare la presenza e le condizioni dei collettori e delle reti di risanamento comunali, considerando che il 39% delle acque finisce nel sottosuolo.

    Le zone dove più si concentrano i nitrati coincidono con zone di sfruttamento intensivo come la valle e la zona costiera di La Orotava, il litorale di Güímar, Valle de Guerra e la zona costiera di Los Silos e Buenavista, tutte aree dichiarate nel 2000 vulnerabili all’inquinamento proveniente da nitrati di fonti agricole.

    Poiché dopo 15 anni, in base alle successive analisi effettuate, non si è riscontrata una significativa diminuzione dei livelli inquinanti, sono state formulate due ipotesi: o la decontaminazione è più lunga del previsto o l’apporto dell’azoto proveniente da liquami urbani, in particolare dalle case, è superiore a quanto inizialmente considerato.

    Le analisi che verranno effettuate, per un periodo totale di due anni, verranno eseguite mediante studi multi isotopici, un sistema che consentirà non solo di valutare i processi alla base dell’inquinamento ma anche di determinarne la provenienza.

    Ugo Marchiotto

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