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    La magia del numero 9 nei prezzi e altre diaboliche strategie

    Chiunque abbia un’attività di vendita conosce benissimo la difficoltà nel determinare i prezzi ai clienti: il giusto prezzo fa la differenza, non deve essere troppo alto ma neppure troppo basso, diversamente la vendita è persa e addio profitto.
    Sul tema dei prezzi sono state condotte numerose ricerche dai maggiori esperti del settore, con particolare riguardo a veri e propri esperimenti nei quali si è chiesto direttamente ai consumatori quanto avrebbero ritenuto giusto pagare un determinato prodotto.
    Generalmente i consumatori tendono a puntare al ribasso, esprimendo una quotazione inferiore rispetto al valore del prodotto o del servizio, ma la vera difficoltà di una indagine di questo tipo è legata alla variegata tipologia dell’acquirente; di base quando si tratta di soldi le persone non sono in grado di determinare il vero valore di un oggetto e quindi il suo giusto prezzo.
    Secondo William Poundstone, autore di Priceless: The Myth of Fair Value, i consumatori difficilmente confrontano realmente due differenti prezzi dello stesso oggetto visto in due diversi negozi, bensì si basano su vaghi ricordi o ipotesi per lo più strampalate.
    Insomma: i consumatori generalmente sono irrazionali e si comportano in maniera incomprensibile, tanto da acquistare spendendo in media 4 euro in più rispetto a quanto potrebbero fare o scegliendo più volentieri prodotti con un cartellino che riporta il prezzo privo del simbolo della valuta.
    Stranezze?
    Gli studi in merito sono diversi e tutti molto interessanti come quello di ConversionXL Institute che ha addirittura pubblicato una guida ai piani tariffari per generare il maggior numero di entrate, evidenziando comportamenti bizzarri ma soprattutto privi di logica da parte dei consumatori.
    Ad esempio tra un viaggio a Parigi e uno a Roma si è rilevata una grande difficoltà di scelta per chi deve prenotare, difficoltà superata presentando diversamente l’offerta in tre possibilità: viaggio a Parigi con colazione gratuita, viaggio a Parigi senza colazione e viaggio a Roma con colazione gratuita.
    La stragrande maggioranza degli acquirenti ha optato per la prima soluzione, seguendo la logica che è molto più facile confrontare le due opzioni per Parigi anziché quelle tra Parigi e Roma.
    Da tempo si conosce benissimo il potere del numero 9 nei prezzi e Wal-Mart ne ha fatto elemento strategico; sicuramente tutti comprendono che tra 39 euro e 40 euro vi sia ben poca differenza ma in ben 8 studi pubblicati tra il 1987 e il 2004 i cosiddetti prezzi del fascino (49 euro, 79 euro, 1,49 euro, 29,90 euro e così via) sono stati segnalati come fattori di incremento delle vendite, nello specifico un aumento del 24% rispetto a prezzi vicini.
    E vogliamo parlare di Steve Jobs?
    La gente scaricava musica gratuitamente e lui è riuscito a convincerla a pagare. Come? Addebitando 99 centesimi!
    La spiegazione del perché i numeri che terminano per 9 funzionino meglio è stata ampiamente discussa negli ultimi anni e l’arrotondamento mentale da solo non può giustificarlo.
    Che il numero 9 possieda quindi una particolare magia?
    Ulteriori ricerche hanno poi scoperto che i cartellini riportanti il vecchio prezzo barrato accanto a quello nuovo, erano ancora più convincenti rispetto a quelli che riportavano un prezzo che finiva per 9.
    La fine di un mito?
    Assolutamente no! La vendita di quei prodotti con prezzo vecchio barrato e nuovo prezzo, attenzione, terminante per 9, ha superato di gran lunga quelli a cifra tonda.
    Ma non è finita, i professori di marketing della Clark University e della University of Connecticut hanno scoperto che i consumatori percepiscono i prezzi di vendita come un autentico affare quando il prezzo è scritto in caratteri piccoli anziché grandi e in grassetto.
    Insomma, la grandezza fisica è correlata alla grandezza numerica, almeno nella testa di chi acquista.
    Un altro curioso esperimento riguarda il raffronto: nulla è più economico o costoso da solo, bensì rispetto a qualcosa.
    Esempio banale: una volta che un consumatore ha visto sul menu piatti a 150 euro, l’hamburger a 50 gli sembrerà assolutamente ragionevole, così come un orologio da polso a 2000 euro sarà venduto più facilmente se messo vicino a uno a 12.000 euro.
    Questo processo mentale ha un nome: ancoraggio e aggiustamento.
    Negli anni 70 gli psicologi Tversky e Kahneman teorizzarono che suggerire un numero iniziale a un soggetto sottoposto a test, avrebbe provocato che egli avrebbe utilizzato tale numero come riferimento per stimare sconosciute quantità.
    Nel test che i due psicologi somministrarono, venne suggerito ai partecipanti il numero 65 e poi venne chiesto loro di stimare la percentuale dei Paesi africani membri delle Nazioni Unite; la risposta in quel caso fu il 45%.
    Nel secondo gruppo di soggetti venne invece suggerito il numero 10 e, ad analoga domanda, la risposta data fu il 25%; sorprendentemente il numero più alto, il 65, innescò una risposta relativa a una percentuale di quasi il doppio rispetto a quella corretta, mentre il numero più basso, il 10, ne suggerì una di molto inferiore.
    Un curioso esperimento effettuato invece nel 2007 riguarda un’altra efficace teoria basata sul comportamento del consumatore; la band britannica Radiohead lanciò l’ultimo album gratuitamente, chiedendo in cambio un’offerta a discrezione.
    Ebbene, alla fine si scoprì che i ricavi generati dall’album in questione superarono di gran lunga tutti quelli degli album precedenti.
    Il gruppo Panera Bread Co. aprì il suo primo “paga ciò che vuoi” ristorante a Clayton, nel Maryland, per realizzare più di 100.000 dollari solo nel primo mese; da allora ha aperto ben 4 ristoranti nei quali oltre il 20% dei clienti che passa unicamente per un caffè lascia ben oltre la cifra suggerita, solo il 20% di coloro che mangiano lascia una cifra inferiore e il 60% dei clienti paga prezzi molto vicini o addirittura uguali a quelli corretti.
    La stessa formula è risultata ancora più di successo se abbinata alla richiesta di aiuto; Ayelet Gneezy, professore di marketing alla Università di San Diego in California, ha condotto un esperimento in un parco tematico della capienza di circa 113.000 persone, chiedendo a coloro che desideravano una foto ricordo, di scegliere tra una tariffa fissa e una tariffa fissa di cui la metà sarebbe andata in beneficenza.
    Coloro che scelsero una delle due soluzioni furono pari allo 0,5% e allo 0,59% rispettivamente, ma quando inserì la formula “paga ciò che desideri” applicata alla beneficenza, ottenne grandi risultati e conseguentemente elevati profitti.
    Di base i consumatori tendono a comprare sempre le opzioni più costose di fronte a una gamma di offerte e questa è una delle strategie adottate, ad esempio, sulle vendite on line.
    Significativamente strategico è il classico “ti costa solo 1 euro al giorno”, formula decisamente più attrattiva di un conto da 365 euro e quindi più remunerativa.
    Come ha fatto invece Starbucks ad averla vinta caricando più di 3 dollari i propri caffè, quando la maggior parte degli altri costava 1 dollaro o poco più?
    Ha cambiato semplicemente l’esperienza del caffè, cambiando la percezione del set in cui si trovava il cliente, cambiando anche il nome del prodotto, suggerendo modifiche particolari come il Caramel Macchiato.
    In questo caso, mancando un riferimento reale al prezzo, le persone sono risultate molto più propense ad accettare prodotto e prezzi.
    Fenomeni analoghi di contestualizzazione del prodotto, indipendentemente dalla tipologia dello stesso, si verificano ogni giorno sulle spiagge turistiche, dove si è disposti a spendere di più per una birra se questa proviene dall’hotel di lusso a fronte, un particolare che, inconsciamente, amplifica le aspettative al riguardo.
    Packaging è una ulteriore parola magica che porta il consumatore a scegliere, a parità di prodotto, quello meglio vestito, sebbene più caro e, attenzione, lo stesso consumatore è ben felice di spendere 80 euro per poche cose acquistate nel discount sotto costo, rispetto alla stessa cifra in quello di marca.
    Il sotto costo, l’ambiente meno attrattivo e la mancanza di un marchio prestigioso, paradossalmente rassicurano il consumatore e lo convincono che sta compiendo un buon affare, anche se talvolta così non è.
    di Ilaria Vitali

     

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