La siccità è un problema la cui risoluzione è diventata prioritaria per l’Arcipelago a partire dal 2017, anno in cui è diventata sintomo evidente di un fenomeno climatologico molto preoccupante sia per l’agricoltura che per gli stessi abitanti delle isole; La Palma, nel tentativo di porvi rimedio, ha deciso la riapertura di una dozzina di pozzi abbandonati, in collaborazione con il Consejo Insular de Aguas e la Consejería de Aguas del Cabildo.
Il meccanismo utilizzato in questo progetto si concretizza in breve nel sostegno economico ai titolari dei pozzi, potenti risorse idriche, con un budget complessivo di 400.000 euro da utilizzarsi per la riabilitazione e la ristrutturazione dei preziosi siti ora abbandonati.
Dei 69 pozzi esistenti nella geografia insulare, 49 risultano infatti inattivi, soprattutto nelle regioni Est e Ovest di La Palma; il loro mancato utilizzo, oltre a concorrere nel depauperamento idrico dell’isola, ha provocato il deterioramento strutturale degli stessi che, in alcuni casi, risulta piuttosto grave.
José Luis Perestelo, della Consejería de Aguas del Cabildo, sottolinea che pozzi come quelli esistenti nel Barranco de La Herradura, in Barlovento, o nel Barranco Galguén, a Tenagua o quelli de La Baja o di Amarvingos, sono tutte realtà da sfruttare e da far rientrare nel progetto pilota promosso dall’amministrazione che, precisa, interverrà economicamente ma solo su progetti di ristrutturazione presentati dai singoli proprietari.
La riapertura dei pozzi, afferma Perestelo, potrebbe risultare determinante nel contrastare la drammatica carenza di acqua che si riscontra sull’isola dove esistono 147 sorgenti, 69 pozzi dei quali 49 abbandonati e 169 gallerie di estrazione acqua, delle quali 60 asciutte.
Insomma, un patrimonio idrico non esiguo ma che, allo stato dei fatti, è come se non esistesse.
Cristiano Collina