I classici greci e latini sono l’asso nella manica dei popoli del mediterraneo contro ogni tipo di discriminazione.
Qualsiasi cosa si possa obiettare sul nostro presente in bilico, sul passato prossimo un poco mediocre e sul futuro che nessuno ha fretta di vedere da vicino, la discendenza da Roma e dall’Olimpo ci salva sempre, a distanza di decine di secoli, possiamo ancora tirarcela un po’.
Omero era uno scrittore, sceneggiatore, regista, telecronista sportivo insuperabile.
Cambia ritmo e tono al passo della velocità dell’azione, quando gli dei entrano in campo e sollevano l’eroe un attimo prima che la freccia lo raggiunga, Omero grida al goal, come Galeazzi.
E’ fresco e molto attuale.
Emergono i Ronaldo e i Pirlo, la vanità dei baroni per cui si battono, il diritto di capriccio dei campioni, l’ostilità delle tifoserie avverse, il legame indissolubile da sempre uguale fra vanità, potere e sesso.
Il ruolo della donna nei classici greci è un motivo validissimo per cui forse a scuola dovremmo leggere qualcos’altro.
A scuola ci insegnavano a vedere grandi passioni e grandi storie di eroismo e di amore.
Con gli occhi della maturità ho rilevato donne scambiate come animali, bambini fatti schiavi in un mondo in cui ogni eroe aveva nella tenda una donna e un ragazzino a seconda del sesso di cui aveva voglia quel giorno.
Ho letto pagine di letteratura stilisticamente perfetta dedicate agli effetti devastanti della libidine di un mondo solo maschile centrato sulla prevalenza della forza sulla ragione.
Gli uomini si battevano per la sete di potere e per l’orgoglio di oligarchi voraci sapendo che quando non tornavano le loro figlie e le loro mogli erano destinate a essere violentate da cento guerrieri se non erano abbastanza belle e giovani perché le violentasse uno solo a turno, mano a mano che gli eroi se le scambiavano in segno di amicizia e se le rubavano per sfregio.
Ciò che colpisce è che non è la cronaca del ghetto, la canzonaccia dell’osteria quella di cui parliamo, è Omero, uno dei pilastri della civiltà occidentale.
Il sommo poeta racconta con ammirazione e quasi con dolcezza come una bimba dalle belle guance, una giovane dalla vita stretta o una donna dalle lunghe trecce, facciano il bagno e servano a tavola anziani uomini e guerrieri che mentre mangiano e bevono fraternamente raccontano di quando hanno ucciso loro il marito e i fratelli il giorno in cui le hanno meritate.
Meritate.
Dal significato attribuito nell’Iliade alla parola meritare, bisogna partire per costruire un occidente davvero civile e, con tutto il rispetto per Omero, è tempo di leggere a scuola altri classici, oppure, di leggere gli stessi con spirito critico e iniziare a trovare valori differenti di cui essere fieri.
Forse è l’uovo di Colombo, dobbiamo rinunciare al passato se vogliamo che il futuro smetta di somigliargli.
Claudia Maria Sini