Lo storico Viera y Clavijo scrisse cose su Fuerteventura come: “Sono fannulloni ed è per questo che aspettano che dalle altre isole, specialmente quelli di Tenerife, vengano a fare i raccolti sulle loro terre”.
I movimenti di popolazione sulle isole non sono sempre stati verso l’America o l’Europa.
C’è anche quella che si svolge all’interno dell’arcipelago.
Gli isolani che quest’anno si spostano da Gran Canaria o Tenerife con un contratto autonomo temporaneo non hanno una casa in cui alloggiar, e questo può mettere a rischio la sostenibilità.
Ma se vuoi andare da Gran Canaria o Tenerife a Fuerteventura non ci sono quasi mai case a un prezzo logico per un lavoratore.
Nel 1721, ovviamente, nelle Isole Canarie non c’era turismo, ma la fame.
E il desiderio di mangiare.
Fuerteventura aveva solo 4.453 abitanti.
Lo storico Viera y Clavijo ha fatto menzione speciale nelle sue cronache che il Cabildo de Gran Canaria ha deciso di non dare accesso all’isola né da Lanzarote né da Fuerteventura.
È stata applicata una regola che limitava la residenza a 3.000 canarini.
Nel 1722, il resto delle Isole Canarie fece lo stesso: fu impedito l’arrivo dei majoreros (abitanti di Fuerteventura).
“Era triste vedere tanta gente mal vestita che implorava il pane per le strade, le piazze e le chiese”.
La fame a Fuerteventura è andata avanti per molti anni.
Già nel 1769 si intensificò e durò fino al 1772, quando arrivarono dalla penisola soldi e due navi con il grano.
Viera y Clavijo era crudele nella sua descrizione?
Ha incolpato gli abitanti di Fuerteventura per la loro disgrazia.
“Il carattere di indolenza e abbandono di quelli di Fuerteventura, che non han voglia di far nulla, insieme alla spaventosa carenza di cibo, così frequente, in un paese ricco, che è il granaio principale delle Isole Canarie, ci fa prevedere la grave negligenza nel fare depositi di grano negli anni buoni, per proteggersi dalla fame in quelli sterili”.
E ha aggiunto: “Fuerteventura produce di solito in un anno abbondante, oltre 300.000 cespugli di grano eccellente, senza contare mais e orzo, anche se vengono coltivati appena la metà dei campi” e che “gli indigeni sono poveri e poveri che amano la povertà per pigrizia, come altri per la virtù”.
“Preferisco emigrare nella loro terra fertile.”
Il cronista nato a Tenerife, che ha attraversato i Paesi Bassi, la Francia e l’Italia, che aveva attraversato la Penisola, con un incredibile vagabondaggio culturale, quello che è entrato nell’Archivio Segreto Vaticano, ha detto dei majoreros: “Sono fannulloni, ed è per questo che aspettano che le altre isole, specialmente Tenerife, vengano a raccogliere il raccolto per loro”.
L’autore del “Dizionario di Storia Naturale delle Isole Canarie” ha criticato che “se ne vanno, anche in America, abbandonando la grande e fertile Fuerteventura”.
Tra il 1683 e il 1684 sull’isola c’erano 700 isolani.
Tra il 1832 e il 1846 l’isola perse 6.000 abitanti.
In cima a tutto questo, la peste degli asini
Un’altra cosa che Viera y Clavijo dice di Fuerteventura nel 1776 è che “questa grande isola, per metà deserta e così abbondante di pascoli e foraggi, fu fin dalla sua conquista così favorevole all’allevamento di ogni tipo di quadrupedi che, moltiplicandosi prodigiosamente, il suo traffico divenne una delle più considerevoli ricchezze.
Già ai tempi dei Gentili si diceva che ogni anno si potevano prendere 60.000 capre.
Poco dopo l’introduzione dei cammelli africani da parte dei Bethencoures, sono stati contati più di 4.000 capi.
Ma la specie che si è diffusa all’incredibile è stata quella degli asini… che essendo stati allevati selvatici all’aperto hanno causato danni irreparabili alle colture e alle aziende agricole.
Mauro De Robertis