L’uso della cannabis come medicinale è stato introdotto in Italia solo recentemente.
Solo come terapia del dolore e principalmente nei casi terminali di cancro.
Si parla di FM2 con una percentuale di CBD tra il 7 e il 12%.
La cannabis può in realtà essere utilizzata con successo per altre patologie quali i disturbi cronici associati alla sclerosi multipla o alle lesioni del midollo spinale.
Può essere prescritta anche per le malattie reumatiche (artrosi, osteoporosi, fibromialgie) o neuropatie.
Viene utilizzata per stimolare l’appetito in caso di anoressia o, in pazienti oncologici, per abbassare la pressione arteriosa in caso di glaucoma resistente alle terapie convenzionali.
Dà ottimi risultati nel trattamento sintomatico delle patologie neurologiche quali Parkinson, sindrome di Gilles de le Touret e epilessia.
Anche nella dermatologia i fitocannabinoidi (i BCD e i THC, i componenti chimici essenziali dell’estratto di cannabis) intervengono con successo su psoriasi e melanomi rallentando i processi di degenerazione cellulare delle epiteliali.
Ansia e depressione infine possono essere trattati con un attento dosaggio e una terapia mirata rigorosamente monitorata da un medico che deve costantemente comprendere, interpretare e compensare i possibili effetti collaterali.
C’è molto da scrivere sul modo in cui la cannabis interagisce con l’organismo a seconda della patologia con cui ci troviamo a interagire.
Oggi iniziamo a stendere una breve guida per punti essenziali per aprire un dialogo che poi svilupperemo nei prossimi articoli.
E’ giusto approfondire e comprendere bene in che modo una sola pianta, sebbene demonizzata ingiustamente in un mondo che vende tabacco e superalcolici nei supermercati, possa, attraverso un uso ragionevole e controllato, rivelarsi una grande risorsa.
Dott. Alessandro Longobardi