Dati allarmanti quelli emersi recentemente dall’analisi del primo trimestre dell’anno, durante il quale il primo calo dal 2013 dell’occupazione del settore privato fa presupporre la chiusura del 2019 con una disoccupazione al 21%.
Secondo il CEOE (Confederación Provincial de Empresarios de Santa Cruz de Tenerife) le Canarie stanno in buona sostanza rallentando, non stanno creando occupazione e l’economia crescerà a malapena dell’1,2%, ovvero un punto in meno rispetto all’anno precedente.
Il declino del turismo estero è il maggior responsabile del rallentamento ma se nordici e tedeschi stanno diminuendo e continueranno a farlo, spagnoli e britannici compenseranno parzialmente le perdite.
In ogni caso, stando alla relazione del CEOE recentemente presentata, le previsioni non sono ottimistiche, anche se in caso di recessione l’Arcipelago risulta più corazzato rispetto a 10 anni fa.
Dai dati presentati l’economia sta rallentando molto più velocemente del previsto e la battuta d’arresto potrebbe intensificarsi dopo l’estate, quando la stagnazione dei consumi interni e il calo del turismo saranno più evidenti e provocheranno l’aumento complessivo della disoccupazione, soprattutto nel settore del privato.
La disoccupazione in particolare era stata già prevista ma non in tempi così rapidi, ha affermato il presidente dell’associazione dei datori di lavoro José Carlos Francisco, e nonostante il settore pubblico stia invece creando posti di lavoro, con 13.800 assunzioni nel primo trimestre, questo non è sufficiente a trainare efficacemente l’economia.
Secondo Francisco oltre al calo del turismo e alla stagnazione dei consumi interni, anche il contesto internazionale è alla base di questa fase di pre-recessione, con un’economia europea piuttosto ferma e con lo spettro Brexit alle porte.
Basti considerare che l’Italia è già in recessione, la Germania ci sta entrando e le guerre commerciali tra Cina e Stati Uniti hanno provocato un rallentamento globale.
In Spagna pesa molto anche il clima di instabilità politica che impatta negativamente sugli investimenti, facendoli contrarre, e la riforma del lavoro unitamente all’annuncio dell’aumento delle tasse, della insostenibilità delle pensioni, e dell’aumento del 22% del salario minimo, completano un quadro pessimo.
Sul fronte della disoccupazione, Francisco osserva che i contratti a tempo indeterminato sono in calo da 3 mesi consecutivi, cosa non accaduta nel corso del 2014.
Previsioni più ottimistiche provengono da Funcas e BBVA, ma la conclusione è sempre la stessa: un rallentamento preoccupante.
Il reddito pro capite delle Canarie è oltre tutto molto lontano dalla media spagnola, raggiunta solo nel 2000.
Di fronte a tutti questi dati negativi, va detto che l’Arcipelago risulta meno indebitato rispetto a quando ha affrontato l’ultima grave crisi, e quindi potrebbe affrontare una recessione in maniera più preparata.
Francisco ha evidenziato anche la situazione degli alloggi, a suo modo di vedere preoccupante: il numero di case completate nel 2018 pari a 2.192 è ancora insufficiente per coprire l’incremento di oltre 25mila abitanti nel corso dell’anno passato.
Il problema in questo caso è legato alla regolamentazione per la costruzione di nuove abitazioni, che non è in grado di soddisfare la domanda attuale nelle isole.
Secondo le stime del CEOE il tasso di disoccupazione continuerà a salire, nonostante le dichiarazioni del Presidente del Gobierno canario Fernando Clavijo che ha affermato che nel 2023 il tasso scenderà fino al 12%.
Carlo Zappata