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    Chi ha paura della Brexit?

    Julius Verne non avrebbe paura.

    Nel romanzo “Il giro del mondo in 80 giorni”, un aristocratico inglese di fine ottocento circumnaviga il globo per scommessa su navi a vela, treni a vapore, e soprattutto attraversa FRONTIERE.

    Si è sempre viaggiato, vissuto, lavorato all’estero, esportato e importato, timbrando alla frontiera.

    Oggi il mondo sembra un formicaio pestato, tutti si muovono ma nessuno sa dove andare.

    Il coro uniforme dei mass media ci ipnotizza con il dogma dell’assenza di frontiere e di bandiere.

    Nazionalista è diventata una brutta parola e invece “Europa” ha il suono di parole come mamma, pane, azzurro… parole belline.

    La deviazione del significato delle parole è un grande campanello di allarme per capire se la libertà è in pericolo.


    Il 31 ottobre scadono i termini per definire la Brexit, forse si sbloccherà un fermo immagine della storia d’Europa che ci vede più deboli, in paesi meno democratici, con meno soldi in tasca e meno certezze per il futuro di quando cose pericolose e brutte come frontiere, bandiere, la differenza chiara fra democrazia e dittatura, esistevano ancora.

    Non è stato strano che i primi a provarci siano stati i greci e non sarebbe strano se i primi a riuscirci fossero gli inglesi.

    Gli inglesi hanno scritto la prima carta dei diritti dell’uomo, decapitato per primi un re, hanno fondato la prima e più longeva monarchia costituzionale, hanno dismesso per primi un impero, senza mai buttare il bambino con l’acqua del bagno, sono un popolo duro e concreto.

    Spero che assestino un gancio ben centrato alla più subdola razza di oligarchi che abbia attentato alla libertà dei popoli europei, gli oligarchi di Bruxelles.

    Ho dedicato cinque anni allo studio della genesi dell’UE e chiunque facesse altrettanto, leggerebbe la storia di grandi industriali e brandelli di governi autoritari  crollati dopo la seconda guerra mondiale che, davanti al rischio che la libertà dei popoli avesse vinto davvero, hanno tessuto una tela di ragno attorno alla democrazia e dolcemente, la hanno avvelenata dal di dentro.

    Stiamo dimenticando che chi ci governa è un servitore del popolo, ci abituiamo all’idea che non si possa rimediare, che chi reagisce sbaglia, che l’ubbidienza è un porto sicuro…

    I greci hanno fallito perché sono stati lasciati soli.

    Gli inglesi sono meno filosofi dei greci e più aggressivi, con un poco di fortuna tireranno giù la maschera agli squali di Bruxelles e ci metteranno nell’orecchio la pulce, che timbrare il passaporto alla frontiera è meno faticoso che essere ridotti schiavi in casa propria e abbassare lentamente lo sguardo verso sogni sempre più piccoli, come a Berlino est. 

    Claudia Maria Sini

     

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