Il calo della clientela ha iniziato ad incidere sulla spesa turistica complessiva, che è stata inferiore dello 0,9% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Nel 2019, l’arrivo dei visitatori stranieri nelle Isole Canarie ha subito una battuta d’arresto.
Il calo si è registrato soprattutto tra i tedeschi, che dopo due anni consecutivi, hanno raggiunto i livelli del 2016, pur superando i tre milioni di turisti stranieri nel secondo trimestre.
Secondo il censimento dei movimenti turistici preparato dall’Istituto Nazionale di Statistica, tra aprile e giugno hanno viaggiato verso le Isole 2.296.183 turisti stranieri.
Una cifra che rappresenta un calo del 4,7% rispetto allo stesso periodo del 2019 e mostra una tendenza al rallentamento in contrasto con l’aumento nazionale del 2,3%.
I dati, raccolti nel Rapporto di Settore Turistico per il secondo trimestre e preparati dalla Camera di Commercio di Santa Cruz de Tenerife, mostrano anche che il calo della clientela ha iniziato ad influenzare la spesa turistica totale, che è stata inferiore dello 0,9% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Si tratta del primo calo che l’esborso complessivo dei visitatori stranieri nel trimestre primaverile, registra a partire dal 2012.
Il presidente della Camera di Commercio, Santiago Sesé, spiega che questo progressivo rallentamento dell’attività turistica si sta verificando in modo disomogeneo nelle diverse Isole dell’arcipelago e rispetto ai diversi paesi da cui provengono i visitatori.
Pertanto, le Isole più dipendenti dal turismo sono state, ovviamente, le più duramente colpite dalla recessione del settore.
Inoltre, la forza delle destinazioni concorrenti, come l’Egitto e la Turchia, ha spinto i turisti, molti dei quali tedeschi, a viaggiare di più verso questi paesi.
A questa tendenza si aggiunge il fallimento di alcune compagnie aeree e il clima mite che ha dominato in gran parte dell’Europa negli ultimi mesi, che ha contribuito a trattenere molti turisti nei propri paesi o in paesi vicini.
Questo andamento del settore già si riflette nei dati annuali.
Secondo i dati Aena pubblicati dal Ministero del Turismo del Governo delle Isole Canarie, il calo su base annua è del 3,9% e la perdita di visitatori nell’ultimo trimestre si verifica sia per le compagnie low-cost (-1,7%) che tra gli utenti delle compagnie aeree tradizionali (-5,6%).
Di fronte a questa situazione, Sesé consiglia di continuare ad agire su due grandi fronti.
Uno è il miglioramento della competitività della destinazione, per il quale è necessario, secondo il presidente della Camera, puntare sulla connettività, ampliare il prodotto turistico e intraprendere un piano globale di ristrutturazione e trasformazione dell’offerta.
D’altra parte, il presidente della Camera propone di lavorare sulla fedeltà dei turisti tradizionali, soprattutto tedeschi e britannici, la cui situazione economica può essere influenzata dalla svalutazione della sterlina.
Tali misure, a suo avviso, dovrebbero essere finalizzate a minimizzare l’impatto degli eventi esterni che attualmente interessano l’industria turistica.
La situazione poi dovrebbe non essere aggravata da fattori interni derivanti da decisioni affrettate o non consensuali con il settore, come la tanto annunciata tassa turistica.
A questo proposito, Sesé si è dichiarato soddisfatto delle dichiarazioni del nuovo Ministro del Turismo del Governo delle Isole Canarie, Yaiza Castilla, la quale ritiene che prima di prendere qualsiasi decisione che poi possa essere rimpianta, la misura vada sottoposta alla valutazione dei suoi possibili effetti negativi e all’accordo con gli operatori economici.
Secondo l’Istituto Canario di Statistica, durante il secondo trimestre dell’anno i mercati che hanno visto diminuire annualmente il numero di visitatori, sono stati quello tedesco, che ha registrato il calo maggiore in assoluto, con 100.855 clienti in meno (-14,8%), gli italiani, con 20.138 turisti in meno (-17,7%), gli olandesi, con 16.663 in meno (-11,6%), gli svizzeri, con 12.805 (-18,7%), i francesi, con 11.159 (-6,8%), gli svedesi, con 3.931 visitatori (6,3%) e i finlandesi, con 3.923 in meno (19,9%).
Migliorano invece le cifre per il turismo belga, con 3.784 in più, per quello danese con 4.236 in più, per il norvegese con 5.413, per l’irlandese con 2.177 e per quello inglese con 11.668 in più.
In questo contesto, il turismo nazionale ha assunto un’importanza particolare, in particolare per il settore alberghiero.
Gli alloggi in queste strutture sono cresciuti annualmente del 3,2% nel secondo trimestre, esclusivamente grazie alla spinta della clientela spagnola, che è cresciuta del 20,7%, a fronte di un calo dell’1,7% degli arrivi dall’estero.
La permanenza media in hotel tra i mesi di aprile e giugno è stata ridotta del 4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre il numero dei pernottamenti è diminuito dello 0,8%.
Il tasso di occupazione degli hotel è sceso di 0,9 punti e a giugno si è attestato al 72,8%, al di sopra della media nazionale (65,8%).
I ricavi per camera disponibile (RevPAR), l’indicatore usuale per misurare la redditività alberghiera, è risultato inferiore in ciascuno dei mesi del trimestre a quello dell’anno precedente (-2,8% in aprile, -4,2% in maggio e -4,7% in giugno).
Nonostante le battute d’arresto, l’occupazione continua a crescere.
Il volume del personale impiegato nelle strutture alberghiere dell’Arcipelago è aumentato mediamente dell’1,7% nel secondo trimestre dell’anno rispetto agli stessi mesi del 2018.
Anche il numero di affiliati della Previdenza Sociale nel settore alberghiero e della ristorazione è cresciuto dello 0,8%, portando il numero totale dei contribuenti del settore a 143.970 nel mese di giugno.
La disoccupazione registrata nell’attività alberghiera è diminuita dell’1,3%, dopo l’aumento nel trimestre precedente, e ha posto il numero di disoccupati a 35.672.
Il calo degli arrivi e delle spese dei clienti ha influito sulla fiducia degli imprenditori turistici.
Il 53% dei responsabili dei trasporti e dell’ospitalità ha dichiarato di aver mantenuto la propria attività nel secondo trimestre dell’anno, ma l’equilibrio tra le risposte che indicavano comportamenti favorevoli e quelle che riportavano diminuzioni è stato negativo: il 31% dei pessimisti rispetto a soli il 16% degli ottimisti.
Le previsioni per i mesi estivi indicano una tendenza analoga.
L’indicatore di fiducia delle imprese scende solo di mezzo punto percentuale alla fine del secondo trimestre, ma non oltre grazie all’aumento delle risposte favorevoli, che passano dal 16% al 19%.
Questa percentuale è tuttavia inferiore di undici punti a quella delle risposte sfavorevoli (30%), mentre quelle in attesa di stabilità rappresentano il 51%.
Bibi Zanin