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    Le persone con l’Alzheimer peggiorano in isolamento

    Agitazione, apatia e attività motoria sono i sintomi più comuni per i quali molti anziani con l’alzheimer durante questa pandemia, costretti a casa, sono peggiorati nelle loro funzioni primarie.

    L’Unità di Disturbi Cognitivi di Lleida, situata presso l’Ospedale Universitario di Santa Maria, ha dimostrato l’aggravamento dei sintomi neuropsichiatrici nelle persone affette dal morbo di Alzheimer, così come un leggero deterioramento cognitivo durante le settimane di reclusione.

    In uno studio pubblicato sull’European Journal of Neurology, i ricercatori del gruppo di ricerca di Neuroscienze Cliniche, hanno analizzato l’impatto dell’epidemia su 40 pazienti dell’unità.

    L’agitazione, l’apatia e l’attività motoria sono i sintomi che sono stati maggiormente evidenti nelle persone affette dalla malattia e da un lieve deterioramento cognitivo.

    I 40 pazienti, 20 con diagnosi di Alzheimer e 20 con diagnosi di lieve deterioramento cognitivo, erano stati valutati nel mese precedente al confinamento, e dopo cinque settimane di “prigione” sono stati rivalutati telefonicamente utilizzando l’Inventario Neuropsichiatrico (NPI) e l’EuroQol-5D per valutare i sintomi neuropsichiatrici e la qualità di vita dei pazienti e di chi li assiste.

    I test includono domande provenienti da diverse aree come la mobilità, la cura personale, il dolore o la depressione, e i risultati mostrano che circa il 30% dei pazienti e il 40% dei/delle badanti hanno registrato un peggioramento del loro stato di salute.

    Questa ricerca permette di evidenziare una realtà che è passata inosservata in questo periodo di tempo in un segmento molto fragile della popolazione come i pazienti con disturbi cognitivi, ora bisogna pensare a terapie famigliari per far recuperare il “tempo perso” di questi anziani, armandoci di pazienza e amore, accompagnandoli molto fuori casa, e soprattutto coinvolgendoli in piccole attività manuali durante la giornata.


    Molte sono state le Associazioni di volontariato che si occupavano dei nostri vecchietti durante la quarantena, anche inviando loro al telefono semplici compiti da fare in casa, come piccoli puzzle, leggere brevi righe di articoli, guardare un breve film e soprattutto, per quelli che potevano, cercare di cucinarsi i pranzi e le cene, di lavarsi da soli, di occupare alcune ore a chiacchierare al telefono.

    Bina Bianchini

     

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