I medici di famiglia e di prevenzione e salute pubblica hanno respinto la delocalizzazione della campagna di vaccinazione e i “vacunódromos” non dedicati alle cure mediche perché credono che questo processo dovrebbe essere sviluppato nei servizi di cure primarie e medicina preventiva.
In una dichiarazione, la Società spagnola di medicina preventiva, salute pubblica e igiene (SEMPSPH) e la Società spagnola di medicina familiare e comunitaria (semFYC) hanno rilasciato una dichiarazione per chiedere che la popolazione sia vaccinata da professionisti dell’assistenza primaria.
I “vaccinodromi” non sono necessari perché è solo essenziale dimensionare adeguatamente i servizi sanitari e seguire i protocolli specifici progettati dalla Salute Pubblica, sottolineano entrambe le società in riferimento ai grandi spazi – stadi, parcheggi, fiere… – che diverse comunità hanno proposto di utilizzare.
Né sostengono la delocalizzazione che alcune regioni autonome hanno annunciato e insistono sul fatto che la vaccinazione dovrebbe essere fatta nel quadro di una strategia collaborativa tra le cure primarie e l’ospedale.
In questo senso, gli specialisti in Medicina Preventiva e Salute Pubblica e in Medicina di Famiglia e di Comunità chiedono alla Conferenza sui Vaccini di prendere in considerazione il Consenso sulla Vaccinazione nei Gruppi a Rischio sviluppato dal SEMPSPH in cui si propone che i gruppi ad alto rischio siano immunizzati dai servizi di Medicina Preventiva.
Parallelamente, il semFYC sottolinea che i dispositivi di cure primarie hanno l’esperienza necessaria per vaccinare la popolazione generale, dato che sono anche responsabili delle vaccinazioni generali (influenza ed altre).
Nel frattempo, la piattaforma di organizzazioni di pazienti (POP) ha incontrato il ministro della salute, Carolina Darias, per poter includere “come una questione di urgenza” i pazienti cronici nel prossimo gruppo di vaccinazione.
Il POP ha mostrato la sua “preoccupazione e sconcerto” perché i gruppi che sono già stati definiti sono stati privilegiati in base all’età quando questa “non dovrebbe essere l’unico fattore che determina la vulnerabilità delle persone”.
In questo modo, hanno insistito sulla trasmissione della situazione di vulnerabilità che, dall’inizio della pandemia, stanno soffrendo pazienti cronici, così sollecitando una ristrutturazione del sistema sanitario nazionale che dà priorità alla cronicità.
Bina Bianchini