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    Fine dello stato di allarme: cosa succederà al coprifuoco?

    Il governo non intende rinnovare il decreto sullo stato di allarme.

    Le comunità autonome potranno continuare a realizzare chiusure perimetrali specifiche.

    Il presidente del governo, Pedro Sánchez, ha ribadito la sua intenzione di non rinnovare lo stato di allarme, che termina il 9 maggio.

    Inoltre, il primo vicepresidente del governo, Carmen Calvo, ha assicurato che la legislazione ordinaria permetterà alle comunità autonome di regolare la pandemia.

    Tuttavia, ci sono alcune misure che cadranno automaticamente dopo la fine dello stato di allarme perché intervengono nei diritti fondamentali.

    La fine dello stato di allarme finisce con il coprifuoco.

    Una fine di una situazione di emergenza che causerà la caduta di quattro misure concrete:


    1. Coprifuoco: la sospensione della libertà di movimento delle persone durante la notte.

    2. Chiusura perimetrale: la limitazione delle entrate e delle uscite delle comunità autonome.

    3. Riunioni: il divieto di riunioni di più di sei persone sia in spazi pubblici che privati.

    4. Sviluppo delle capacità nei luoghi di culto.

    La caduta di queste misure permetterà alla popolazione di vivere una vita più simile a quella di prima della pandemia.

    Tuttavia, le Regioni Autonome avranno la possibilità di limitare la mobilità delle persone se le circostanze sanitarie lo permettono e la giustizia lo approva.

    Le Regioni autonome potranno effettuare chiusure perimetrali (non di un’intera regione).

    Diversi esperti consultati da Europa Press hanno indicato che da quel 9 maggio le comunità autonome possono prendere solo misure ordinarie in materia di salute.

    Tuttavia, indicano che per situazioni gravi possono limitare i diritti fondamentali, ma solo in casi molto specifici e individualizzati, utilizzando la Legge Organica di Misure Speciali in Salute Pubblica del 1986.

    L’articolo 3 di questa legge stabilisce che per controllare le malattie trasmissibili, l’autorità sanitaria, oltre a realizzare azioni di prevenzione generale, può adottare misure appropriate per controllare i malati, le persone che sono o sono state in contatto con loro e l’ambiente immediato, così come quelle considerate necessarie nei casi di rischio di natura trasmissibile.

    Alla luce di ciò, gli esperti indicano che sì, potrebbero esserci anche chiusure perimetrali, ma sarebbero aree sanitarie, quartieri o al massimo città, mai un’intera comunità autonoma.

    Inoltre, queste chiusure che sarebbero adottate per decreto dovrebbero avere l’appoggio dei tribunali.

    Inoltre, le amministrazioni regionali potrebbero anche limitare gli orari di lavoro e l’ospitalità.

    La mascherina continuerà ad essere obbligatoria per la legge della nuova normalità

    Oltre alla legge sulla salute pubblica del 1998, il governo e le regioni autonome dispongono della legge 2/2021, del 29 marzo, sulle misure urgenti di prevenzione, contenimento e coordinamento per far fronte alla crisi sanitaria causata dal virus.

    Soprannominata “legge della nuova normalità”, ha lo scopo di stabilire le misure urgenti di prevenzione, contenimento e coordinamento necessarie per affrontare la crisi sanitaria.

    Questa legge è quella che stabilisce che la mascherina è obbligatoria sia negli spazi aperti che in quelli chiusi, anche se prevede una serie di eccezioni.

    E la regola sarà in vigore finché il governo non dichiarerà la fine della crisi sanitaria.

    Una decisione che l’esecutivo deve prendere in base all’evidenza scientifica, in linea con il Centro di coordinamento degli allarmi e delle emergenze sanitarie, e la consultazione con le comunità autonome all’interno del Consiglio interterritoriale del Sistema Sanitario Nazionale.

    Franco Leonardi

     

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