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    Leonardo Torriani, l’italiano che ha disegnato le Canarie

    1559 Cremona – 1628 Portogallo

    Nacque a Cremona in una famiglia operante in diversi campi: orologiai, idraulici, ingegneri.

    Lo zio Gianello Torriani era l’ingegnere idraulico che canalizzò il Tago.

    Dopo aver offerto i suoi servizi a Praga giunse in Spagna probabilmente chiamato dallo zio nel 1582, alla corte del re Filippo II come ingegnere militare.

    Nel mese di marzo 1584 fu nominato ingegnere del re nell’isola di La Palma e inviato laggiù con l’incarico di costruire un molo e una torre.

    Tre anni più tardi, ricevette un incarico più ambizioso: visitare tutte le fortezze delle Isole Canarie e farne relazione sul modo migliore per completarne il sistema difensivo contro gli attacchi provenienti dal mare dai corsari francesi, inglesi, olandesi, e i corsari barbareschi delle vicine coste del Marocco.

    Da giovane, coltivava la poesia, la musica, la storia, e la curiosità per gli usi ed i costumi di altre culture.


    Tutto ciò spiega perché rimase affascinato dalla cultura dei Guanci, gli abitanti indigeni delle Canarie.

    E siccome egli percorse tutte le isole proprio mentre era in corso il genocidio e la distruzione della cultura locale, le sue osservazioni sono estremamente preziose.

    Durante il suo soggiorno nelle isole Canarie, egli descrisse le isole e le città principali, la loro storia, la geografia, la religione, l’antropologia, l’onomastica e la toponomastica, oltre a fornire dati e piani per le sue fortificazioni che sono rimaste presso il Convento di Saô Bento di Coimbra, passando poi alla Biblioteca della Università di Coimbra, dove i preziosi manoscritti si trovano ancor oggi.

    Manoscritti da apprezzare perché ci informano di un mondo ormai scomparso.

    Quando questi manoscritti furono finalmente rispolverati dal professor Josef Wílfel, che li pubblicò per la prima volta nel 1940, essi rivelarono il loro autentico valore documentario.

    Un tesoro che ha recuperato la visione di alcune isole Canarie urbanizzate in cui spiccavano edifici di una certa importanza, come la cattedrale, le fortificazioni o i castelli, ma lasciando quasi da parte la rappresentazione dell’architettura popolare, soprattutto quella esistente nell’ambiente rurale.

    Troviamo infatti solo pochi semplici disegni di case nei piani o vedute di città, o come nella pianta della città di Telde, dove rappresenta, insieme ad essa, due antichi centri aborigeni, Tara e Cendro, delle cui case commenta: “Una parte di esse, costituita in alto, in terra, di piccole, rotonde e con strade strette, erano per i poveri…..”.

    Solo un capitolo è dedicato alle “dimore dei canarini”, dove spiega che “queste case erano ricoperte di tronchi uniti da palme, e su di esse, per difendersi dall’acqua piovana, formavano una crosta di terra, che si usa ancora oggi nelle Isole Canarie; perché non avevano strumenti per poter anticipare architetture più nobili”.

    Egli redasse anche una mappa delle isole Canarie e piani dettagliati delle principali città quali Las Palmas e Arrecife, e dei porti più importanti, tra cui quello di Garachico.

    Curiosamente, la cartografia che egli produsse comprende, tra le isole Canarie la immaginaria isola di San Boròndon (San Brendano) di cui, da secoli e secoli, si favoleggiava l’esistenza ad ovest di Hierro.

    Il suo contributo autentico è nell’osservazione sul campo, come quando descrive nel dettaglio i villaggi dei Guanci, allora esistenti, ma ormai tutti scomparsi, è il caso di Telde, e delle vicine grotte di Cendro e Tara, presso l’isola di Gran Canaria, ove fu rinvenuto il famoso Idolo di Tara, e nel descrivere la religione degli aborigeni si sofferma anche sulla vita quotidiana nelle isole.

    Poi ancora descrive i loro sport come il Juego del Palo, i loro canti, le loro poesie di cui ci ha tramandato un raro frammento tradotto in italiano: “Se gli delfini moren d’amore, / ahi lassa, che faremo noi, / che più di loro habbiam dolce il core“.

    Dal punto di vista geografico ha descritto anche l’eruzione del vulcano Tacande nell’isola di La Palma, nel maggio giugno del 1585.

    Ed altrettanto preziosa è la sua mappa di Garachico del 1572 nell’isola di Tenerife, che egli descrive come il migliore e principale porto dell’isola, ormai del tutto scomparso dopo l’eruzione del vulcano Montagna Negra del 1706 che lo colmò completamente.

    Le sue osservazioni hanno anche il valore storico perché fu testimone dell’attacco del corsaro inglese Francis Drake nel novembre del 1585.

    Diede un contributo anche alla linguistica e all’onomastica visto che riporta la notizia che a Tenerife era presente un’importante colonizzazione portoghese, forse di ebrei sfuggiti alla Santa Inquisizione, soprattutto nel nord-ovest dell’isola ad Icod de los Vinos, e Daute, ed egli reputa: “è popolata la maggior parte da gente Portughesa, la quale avanzando in la industria dell’agricoltura al’altre nationi spagnuoli l’han resa di maggior fertilità et richhezza…“.

    L’ingegnere approfondisce le origini della cultura anche con alcune annotazioni archeologiche che accompagna con un disegno molto interessante di una casa-grotta che sottotitola come “Case degli indigeni delle Canarie”.

    Di fronte a questa situazione ci si potrebbe chiedere: perché una persona della sensibilità di Leonardo Torriani non ha descritto molto sull’esistenza di un’architettura non ricca e ben definita come quella che fu impiantata nel paesaggio canario nel 1587?

    Evidentemente le creazioni popolari non erano valorizzate, cioè fuori dai parametri delle belle arti.

    Gli edifici popolari erano considerati in quel momento come mere costruzioni funzionali, e come tali esentati dall’uso di qualsiasi descrizione per stili.

    Andrea Maino

    Fonte: https://www.rinconesdelatlantico.es/ e https://it.wikipedia.org/wiki/Leonardo_Torriani

     

     

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