Questo mese l’arca del mistero approda a Gran Canaria per far conoscere i fatti avvenuti in un piccolo paesino agli inizi del diciannovesimo secolo.
Tutto ha inizio quando un giovane parroco fresco di seminario viene inviato dalla diocesi di Gran Canaria alla chiesa di Artenara.
Secondo il resoconto inviato per il religioso al vescovo dell’isola il 20 di novembre del 1830, la maggioranza degli abitanti non avevano nessun rispetto per i precetti della chiesa.
Nella lettera riporta come 600 persone si comportavano come coniugi quando realmente non lo erano.
Per questa ragione dovette organizzare riunioni settimanali nelle varie vie del paese dove cercava di convincere la popolazione sulla necessità di regolarizzare la loro situazione.
Nonostante gli sforzi i cittadini erano reticenti ad adempiere le richieste del prelato e quindi fu obbligato a leggere i nomi di questi irregolari durante una messa per poi quindi utilizzare la pressione del resto della congregazione per ricondurli al cammino corretto.
Altri cittadini erano sodomiti e per far fronte a questa pratica diabolica chiese aiuto ai giudici appellandosi a un ordine reale che considerava queste pratiche come delitti.
Grazie agli sforzi fatti molti rinunciarono alle amicizie illecite, confessarono i propri peccati ed accettarono la penitenza impartita.
Alcune donne del posto lavoravano come prostitute senza confessarsi da più di quindici anni e grazie agli sforzi del prete iniziarono a frequentare la chiesa e liberarsi dei propri peccati mediante la confessione prima della celebrazione delle messe.
La lettera continua dicendo che nel paese vivono molte persone buone ma dovuto alle scarse comunicazioni con i paesi limitrofi gli atti incestuosi erano frequenti a causa dei legami parentali delle varie famiglie.
Il religioso avvisa che i timorosi di Dio erano compiaciuti per gli sforzi fatti e per i miglioramenti raggiunti, però le persone che continuavano a vivere nel peccato continuavano a utilizzare espressioni poco lusinghiere nei confronti del prelato.
Per poter continuare con la sua opera evangelizzatrice era necessario che il vescovato inviasse maggiori fondi per aiutare i molti poveri del paese e così convincerli a tornare tra le braccia della chiesa.
Il 15 di maggio del 1831, a soli pochi mesi dal primo invio, il parroco descrive come una forte “calima” aveva portato una piaga di locuste dal deserto.
Secondo una stima approssimativa potevano esserci intorno ai 10 milioni di esemplari, affamate e altamente distruttive.
In pochi giorni avevano distrutto le provvigioni per gli animali, le coltivazioni delle piante verdi e le foglie di molte piante da frutta.
Gli abitanti utilizzarono tutte le forme conosciute per spaventare questi insetti ma senza risultati e per questa ragione il religioso interpreta questo evento come un messaggio divino al paese per la vita libertina che conducevano.
Organizza quindi una processione dal centro del paese fino alla cima della montagna del Brezo.
Dopo una intera notte di preghiera e sincero pentimento di tutto il paese durante il pellegrinaggio, il giorno successivo le strade appaiono ricoperte dai cadaveri degli insetti e solo ne rimanevano pochissimi esemplari in vita.
Nella carta riporta come questo miracolo della fede abbia convertito molti paesani e lasciando costanza scritta dell’evento e ribadendo la necessità di ricevere più finanziamenti per poter far fronte alle necessità del paese ridotto alla fame dalla piaga.
Loris Scroffernecher