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    Operazione bikini: come uscire dalla trappola della vergogna corporea

    La fine della Pasqua è il segnale di partenza dell’Operazione Bikini, una gara senza senso, come le Crazy Cars di Pierre Dastardly, per diventare più magri, più forti, più snelli, più abbronzati… o quello che dice la società, e potersi così guadagnare quei quindici giorni di vacanza.

    Ci si accorge che l’ombra dell’Operazione Bikini è lunga perché la televisione è piena di pubblicità di prodotti che promettono di ridurti almeno di due taglie, nelle vetrine delle farmacie ci sono le barrette sostitutive dei pasti, e nelle riviste e nei network ci sono quei trucchi per mascherare la cellulite.

    Tanta perfezione venduta in barattoli di alchimia riesce a farci credere che il nostro corpo non sia sufficiente, né degno di essere mostrato.

    Non dubito che la pressione estetica si stia diffondendo anche tra gli uomini, ma si chiama Operazione Bikini, quindi è chiaro che il bersaglio siamo noi.

    Tanta pressione significa che stiamo iniziando a non avere un buon rapporto con il nostro corpo.

    Questo cattivo rapporto è probabilmente iniziato nell’infanzia o nell’adolescenza, e forse ricordate anche quale commento sul vostro corpo vi ha fatto dubitare.

    A prescindere dal nostro aspetto, non saremo mai completamente a nostro agio e questa lobby estetica si assicura che le nostre lentiggini ci diano fastidio o che le nostre sopracciglia non siano larghe come dovrebbero.

    A partire dalla vergogna corporea che ci fanno provare, ci tengono immerse in una lotta interna con il nostro corpo e, nel frattempo, smettiamo di fare le cose: non andiamo in spiaggia, ci puniamo, spendiamo fortune in trucco, laser, diete, trattamenti estetici… ma non è mai abbastanza.


    La prima cosa da fare è capire che il nostro corpo è la nostra casa, ci viviamo dentro, e se la società ci ha insegnato a odiarlo e a volerlo modificare per adattarci, il più grande atto di ribellione e di amore è amarlo.

    Non possiamo evitare di vivere nella società in cui viviamo, ma possiamo evitare di essere partecipi di questi comportamenti, né vittime di questo sistema.

    La prima cosa da fare è creare uno spazio critico, per capire se quella dieta, quella rivista, quella persona, quell’influencer o quell’amico mi fanno sentire vittima del body shaming e, in tal caso, dobbiamo smettere di consumare quel media o fermare quell’amico.

    Dobbiamo fare attenzione al linguaggio che usiamo nei confronti del nostro corpo e di quello degli altri.

    Amare il nostro corpo può sembrare un’utopia, ma se iniziamo a prendercene cura, come facciamo con i bambini o i cuccioli, arriveremo ad amarlo.

    Questo rapporto con noi stessi, con il nostro corpo, è il rapporto più intimo e importante che avremo mai, perché non possiamo vivere senza il nostro corpo.

    La strada verso l’accettazione è difficile, richiede molta pazienza, tempo e compassione, ma continuare a odiare il nostro corpo non è più un’opzione.

    Marta Simile

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