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    Dall’Ipertensione Arteriosa allo Scompenso Cardiaco il passo è breve

    Il mese scorso abbiamo messo a fuoco una patologia estremamente frequente, l’ipertensione arteriosa, ed abbiamo sottolineato quanto siano importanti sia la sua precoce identificazione che il suo trattamento; abbiamo detto che quest’ultimo dovrà prevedere idonee abitudini di vita e l’assunzione costante della terapia farmacologica eventualmente consigliata dal medico.

    Tutto ciò andrebbe fatto al fine di ridurre il rischio di gravi ed acute complicanze come l’ictus e l’infarto del miocardio.

    Ma anche altre problematiche si potrebbero manifestare in questo tipo di pazienti, specie se mal gestiti; tra queste è bene annoverare lo scompenso cardiaco di cui vorrei occuparmi in questa occasione.

    È opportuno dire, da subito, che si tratta di una complicanza che può manifestarsi dopo un certo numero di anni dall’inizio dello stato ipertensivo e che più facilmente comparirà se quest’ultimo fosse stato diagnosticato tardivamente e non adeguatamente controllato.

    Premessa indispensabile è quella di sapere che il cuore è un muscolo e come tale, analogamente alle strutture muscolari che fanno parte dell’apparato locomotore, potrebbe aumentare lo spessore delle sue pareti se venisse sottoposto ad un eccessivo carico di lavoro.

    L’incremento della pressione arteriosa, quando avvenisse stabilmente, potrebbe generare  proprio quel sovraccarico di lavoro capace di indurre l’ispessimento (ipertrofia) del ventricolo sinistro e del setto interposto tra i due ventricoli.

    Questa condizione, talvolta sospettata mediante un elettrocardiogramma, può essere ben evidenziata da un banale ecocardiogramma.


    A distanza di anni, persistendo lo stato ipertensivo, l’ipertrofia potrebbe progressivamente aumentare ma, non essendoci un contemporaneo incremento delle strutture vascolari della parete, si potrebbe generare uno squilibrio tra la massa muscolare e la sua vascolarità che, a sua volta, potrebbe essere l’elemento responsabile del danno al tessuto miocardico.

    Culmine di questo processo potrà essere la dilatazione del cuore che rappresenta il presupposto anatomico per lo scompenso cardiaco.

    Quest’ultimo si caratterizza principalmente per la flaccidità dei ventricoli e per la riduzione, più o meno evidente, della loro capacità contrattile.

    In tale condizione, uno o entrambi i ventricoli potranno non essere più in grado di assicurare un’adeguata immissione di sangue nelle arterie che dal cuore prendono origine.

    Tali arterie sono l’aorta che, partendo dal ventricolo sinistro, deve assicurare il flusso sanguigno in tutti i distretti corporei e l’arteria polmonare che, dal ventricolo destro, deve garantire un corretto afflusso di sangue al polmone per permettere la sua ossigenazione.

    Lo scompenso cardiaco potrà interessare preminentemente uno dei due ventricoli ma, nel tempo, entrambi potranno essere coinvolti da questa patologia.

    La sintomatologia accusata dal paziente ed i segni clinici reperiti dal medico con l’esame obiettivo varieranno in relazione al preminente interessamento della metà destra o sinistra del cuore, ma un elemento è comune ad entrambi ed è rappresentato dall’aumento della pressione a monte del ventricolo interessato; ciò deriva dall’accumulo di sangue nell’atrio e nelle vene che in esso sboccano in quanto, ridotta la capacità contrattile del ventricolo, viene meno la possibilità di svuotamento dello stesso.

    Nello scompenso sinistro, visto che a monte ci sono le vene polmonari, l’accumulo di sangue sarà nel polmone e, quindi, il paziente potrà accusare difficoltà respiratoria; questa si potrà manifestare con affanno durante un’attività fisica di differente entità, potrà essere presente anche a riposo se lo scompenso fosse più accentuato e, nei casi più gravi, potrebbe generare il drammatico quadro dell’edema polmonare acuto, spesso causa di morte improvvisa.

    Nello scompenso destro, l’accumulo di sangue e quindi l’incremento pressorio sarà a carico delle vene cave che drenano il sangue dal sistema venoso periferico; la vena cava superiore raccoglie il sangue refluo dal capo e, pertanto, il medico potrà notare la dilatazione delle vene del collo (giugulari turgide); l’interessamento della vena cava inferiore, drenando il sangue da tutto il resto del corpo, potrà determinare ristagno negli organi periferici ed il paziente si lamenterà preminentemente della presenza di gambe gonfie.

    L’accumulo di liquidi sarà nelle zone declivi del corpo e la sede interessata potrà essere condizionata dalla postura in relazione alla presenza della forza di gravità.

    Gli edemi compariranno negli arti inferiori se la posizione del paziente sarà più frequentemente seduta mentre l’accumulo di acqua si noterebbe in prossimità della regione sacrale se il paziente fosse allettato; in ogni caso potrebbero essere notate le palpebre superiori gonfie al risveglio.

    Nella condizione di scompenso cardiaco destro l’aumento della pressione nella vena cava inferiore potrebbe generare anche l’aumento volumetrico del fegato determinando il quadro del fegato da stasi, la presenza di versamento nelle cavità pleuriche e, quando la patologia fosse particolarmente grave, si potrebbe arrivare a quella condizione definita come “anasarca” che consiste nell’evidente accumulo di acqua in tutti i tessuti periferici.

    Una volta che si sia instaurato lo scompenso cardiaco, difficilmente potremmo riportare il cuore ad una normale contrattilità e potremmo solo agire sulla sintomatologia cercando di scaricare il circolo attraverso l’uso più o meno abbondante di diuretici.

    Qualcosa potrebbe essere fatta per prevenire un ulteriore peggioramento clinico utilizzando altre terapie come i Beta Bloccanti laddove non fossero controindicati per la concomitanza di altre patologie.

    In conclusione, vista la gravità di questa complicanza e considerato che la causa più frequente alla base dello scompenso cardiaco è proprio lo stato ipertensivo, identificare precocemente e trattare adeguatamente l’ipertensione arteriosa sarà uno degli obiettivi del medico che si adopera per il bene dei suoi pazienti. Opportuno sarà, altresì, che i pazienti seguano scrupolosamente le sue indicazioni.

    Dott.Marchetti

     

     

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