Tirava un vento forte e torrido la notte del 18 Luglio del 64 avanti Cristo.
I depositi di combustibile attigui al Circo Massimo sul versante del colle Palatino furono accesi con svariate micce in favore di vento, svilupparono in un batter d’occhio una enorme linea di fuoco nell’arena di erba secca e il fuoco andò a prendersi Roma per sei giorni, indomabile.
Ma quale Roma?
La Roma dei 3 quartieri popolari scomodamente posizionati fra Nerone e il suo piano urbanistico di rinnovazione /modernizzazione.
Scomparvero quei tre quartieri e i loro 200.000 abitanti.
Con essi, 132 edifici pubblici divisi in altri 10 dei 14 quartieri di Roma, che testimoniavano la grandezza dei precedenti imperatori.
Negli Annali, Tacito, lo storico romano per definizione, lascia il raccapricciante racconto delle testimonianze dei cittadini a cui gli uomini dell’imperatore armati di torce vietarono di spegnere le fiamme.
Nerone osservava, suonava la cetra cantando la caduta di Troia, “assimilando le presenti tragedie agli antichi lutti”, per citare gli Annales.
Sulle rovine dell’incendio, nacquero due creature estremamente moderne, due mostri senza tempo.
Il primo, fu il carattere d’immediata necessità del piano urbanistico pronto da prima che il fuoco offrisse l’area in cui realizzarlo, incentrato sulla sfarzosa Domus Aurea, la nuova reggia di Nerone, circondata da una sorta di Beverly Hills.
L’imperatore infatti, finanziò di tasca (usando il pubblico erario) la ricostruzione dei quartieri distrutti ma con un peculiare meccanismo utile a dare un tono di moralità e necessità all’usurpazione.
Solo chi disponeva del denaro per costruire sulle macerie, riceveva il rimborso imperiale.
In questo modo, l’oligarchia fedele, aiutò l’Imperatore a costruire la sua Disneyland.
Nel rispetto del piano urbanistico, case basse con giardino e sistema antincendio individuale, accolsero l’oligarchia Neroniana in una Paperopoli costruita con i soldi dei contribuenti.
I Mentana e Vespa di allora, osannarono la rinascita dell’Urbe, grazie all’imperatore piromane.
Il secondo mostro, banale per quanto è immortale, fu un piano di soccorso per i sopravvissuti, organizzati in campi profughi di periferia, assistiti in modo efficace ma per la mera sopravvivenza, con le briciole della generosità imperiale.
Vorrei suggerire un facile gemellaggio, 3.000 anni dopo l’incendio di Roma.
Tirava un forte vento, l’8 agosto al largo di MAUI, un uragano segnalato con largo anticipo, come sempre avviene, si avvicinava a un’isola di veterani delle calamità naturali che dispone di ogni possibile protocollo d’urgenza.
L’incendio si è sviluppato esattamente in mezzo fra la direzione del vento e i 3.000 edifici di un ben definito quartiere.
Il quartiere indigeno, baluardo della resistenza al piano urbanistico statunitense che, dopo aver trasformato Honolulu in un ammasso di grattacieli, non ha potuto fare lo stesso a Maui.
Causa la riottosa indisponibilità delle centinaia di morti nell’incendio e dei loro vicini, a vendere le proprie casette, i piccoli negozi rionali, le scuole pubbliche e i porticcioli, non poteva partire la rivoluzione verde pronta da tempo.
In virtù dei progressi della tecnologia non si sono registrati uomini armati di torce che incentivassero le fiamme, ma le sirene d’allarme tacevano, la corrente non è stata staccata e, per lasciarci senza alibi, senza dubbi, soli con la nostra consapevolezza, è stata chiusa la rete dell’acqua.
Civili e pompieri non avevano acqua, assistevano inermi, come nella Roma di Nerone, al diligente lavoro del fuoco al servizio di un piano urbanistico urgente.
Resta aperto il dubbio sull’autenticità dei video che mostrano raggi luminosi delle armi a energia diretta, incendiare le barche e le case una a una, salvando le ville milionarie.
In assenza di prove, dubitiamo in silenzio.
Intanto, i proprietari delle case che si sono salvate hanno ricevuto l’ordine di sgombero entro 45 giorni e 650 euro di risarcimento, come i poveri delle insulae di Nerone.
Ma come si chiama Nerone ai giorni nostri?
Inutile dirlo, il villano della storia del 21° secolo è fin troppo conosciuto.
E’ quel libidinoso insieme di banchieri, tecnocrati, politici cerebrolesi e psicopatici del World Economic Forum che in questo caso non sono una supposizione “complottista“.
Sono allineati alla luce del sole da dieci anni a ridosso del progetto di MAUI SMART CITY.
Il progetto Hitachi denominato JUMP SMART MAUI è del 2013.
La fine del condizionale e l’ingresso del modo indicativo nel discorso di Klaus Schwab che non dice faremmo ma bensì faremo di MAUI la prima Smart City sperimentale, è del 2018.
Il presidente delle Hawaii ha presentato come cosa fatta l’avvio del progetto nel giugno del 2023, quando la risposta della popolazione erano le manifestazioni antiamericane e le marce per il diritto di un popolo a non scomparire insieme alle sue case e le sue tradizioni.
La Mc Cain’s, disinvoltamente passata dalle patine prodotte dalla dinastia di un senatore patriarca alla salvezza del mondo, si era già aggiudicata l’appalto della Smart city solution ovvero l’appalto per l’intera rete dei software che avrebbero controllato in monopolio il sistema di fornitura di energia alle auto elettriche della Maui Smart City.
In tutto questo tempo, l’indisponibilità dei cittadini di Maui ad accogliere il progetto era assoluta.
Quindi che?
Quindi, mentre si cercava di convincere i riottosi proprietari di una storia e di una terra a accettare il processo di cancellazione identitaria su cui si basa l’utopia di una banda di folli, si preparavano tutti i pezzi di un progetto che non prendeva in considerazione un NO a un progetto urbanistico-utopistico irrinunciabile.
Fa un poco rabbrividire che Mauritius, Hawaii, Canarie, brucino tutte allo stesso tempo.
Isole laboratorio che offrono tutte contemporaneamente aree pronte a ricevere qualsiasi cosa.
Sia quello che sia, il progetto inarrestabile adesso non è più solo il capriccio di una banda di psicopatici, adesso è urgente e necessario e non incontra ostacoli perché, come ha testualmente detto Biden nel suo discorso di cordoglio alla nazione, l’intera cultura hawaiana è stata indelebilmente cancellata.
Ancora una volta, con i soldi dei contribuenti, una manciata di oligarchi, fedeli a un pazzo, potrà costruire Neronia.
Claudia Maria Sini