I ravioli tipici della Carnia, in Friuli Venezia-Giulia, non hanno una ricetta e hanno una storia incredibile risalente al Medioevo, fatta di mercanti e folletti.
La Carnia è un luogo magico, sospeso tra il cielo e le montagne, nel cuore del Friuli Venezia-Giulia.
Sembra uscita da un racconto di Tolkien e non è un caso se il piatto simbolo di questo posto siano dei ravioli così misteriosi da non avere una ricetta originale: i cjarsons.
Pare infatti che nessuno al mondo conosca il corretto ripieno da inserire nei cjarsons, una pasta fresca squisita che fa parte della tradizione gastronomica del nostro Paese, anche se è sconosciuta ai più.
Le prime fonti collocano questi ravioli nel XIV secolo, ma è probabile che le preparazioni siano molto più antiche.
La caratteristica principale di questo prodotto è nel suo retrogusto dolce: i cjarsons sono preparati con una base di acqua, sale e farina e ripieni di… nessuno lo sa!
La storia dei cjarsons, tra folletti e mercanti
Ogni vallata, ogni famiglia della Carnia ha la sua ricetta, perché i cjarsons sono un simbolo delle feste, una cupola sotto la quale si stringono i cittadini di questa ostica regione friulana.
Questi ravioli sono il mezzo per unire un popolo intero che ha avuto bisogno di un piatto conviviale per ritrovarsi insieme, perché diviso da una natura così astiosa.
La storia dei cjarsons è molto antica, affonda le proprie radici nella narrazione popolare ma non ci sono date o concreti ritrovamenti storici che ci permettono di collocare con precisione la nascita di questo piatto nella nostra tradizione gastronomica.
Il giornalista Pietro Adami, studioso di tradizioni popolari, pensa che i cjarsons siano nati nel 1500 e che siano “una delle innovazioni gastronomiche medievali”.
Nel suo “La cucina carnica” scrive che proprio con questi ravioli il Nord Italia sia passato da una pasta più dura e callosa a una più sottile, più economica, più simile a quella che conosciamo oggi.
L’indole povera di questo piatto sta anche nella bellissima leggenda che ne narra la nascita: si racconta che Guriùt, un folletto molto goloso e sempre presente nella mitologia alpina, viene sorpreso a rubare la panna che affiora dal latte appena unto.
La padrona di casa si arrabbia perché ha tanti figli da sfamare e pochissime risorse a sua disposizione: tra un’imprecazione e l’altra comincia a piangere.
Guriùt ha un’indole malandrina ma sostanzialmente buona, un’anima burrascosa e gioviale, e alla vista delle lacrime si pente del gesto, si commuove e decide di risarcire la donna inventando un piatto con i prodotti a lui più cari: la farina, l’acqua, le erbe e le spezie.
Questa versione romantica sulla storia dei cjarsons nasconde un fondo di verità: il piatto nasce in un momento di grande crisi e isolamento della Carnia dal resto del mondo, un periodo in cui si è reso necessario massimizzare ogni prodotto che c’era in dispensa.
Stiamo parlando di “momento” perché a dispetto della zona impervia, in realtà la Carnia è sempre stato un crocevia fondamentale del commercio italiano: le merci che arrivano a Venezia passano da qui per arrivare in Europa Centrale.
I friulani entrano in contatto con la tradizione dei ravioli grazie alla Serenissima che li ha importati attraverso la via della seta; oltre alla tradizione della pasta ripiena la cucina carnica si appropria anche delle spezie, su tutte la cannella, elemento fondamentale per questo piatto.
Da questa zona provengono anche i cosiddetti “cramars”, i venditori ambulanti delle Alpi, uomini coraggiosi che valicano la catena montuosa a piedi, trasportando le merci con una sorta di mobile a cassetti.
Proprio in questo modo arrivano in Carnia spezie pregiate come cannella, zenzero o noce moscata, erbe varie, spinaci, uvetta, frutta secca e cioccolato.
Arrivati a questo punto non sappiamo ancora come sono fatti questi ravioli: purtroppo non lo sapremo mai.
Le varianti sono centinaia e sono tramandate di generazione in generazione, le ricette sono custodite gelosamente e sono comunque tutte diverse.
Gianni Cosetti, uno dei cuochi più importanti della nostra storia, nativo proprio della Carnia, ha provato a inserire nel proprio menu questi ravioli chiedendo aiuto alle vecchie nonne del Friuli.
Negli anni Settanta lo chef inventa un concorso invitando tutte le famiglie a cucinare e scrivere la ricetta insieme, un qualcosa che fosse unitario, che avesse degli elementi comuni: si presentano 40 famiglie, con 40 ricette diverse.
L’esperimento fallisce e Cosetti decide di utilizzare la ricetta della propria famiglia per rinvigorire il menu del ristorante “Roma”, un omaggio al suo passato di cuoco del Quirinale in Carnia.
Se non ci è riuscito neanche uno dei cuochi più importanti del nostro Paese a trovare una ricetta, come possiamo riuscirci noi?
Abbandoniamo l’idea e godiamoci la preparazione tradizionale italiana più libera che ci sia: sappiate solo che i cjarsons possono essere fatti con la farina, le patate, entrambe le cose; il ripieno può avere un mix di erbe aromatiche, biscotti sbriciolati, cioccolato, fichi, rum, dragoncello, menta, cannella, mandorle, uva sultanina, mostarda, pinoli, spezie varie.
L’unica cosa che non troverete mai sarà la carne, e infatti i cjarsons sono i protagonisti del cenone “di magro” della vigilia di Natale o del pranzo di Pasqua in Friuli Venezia-Giulia.
Preso dal WEB