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    La città delle censure

    Foto di Cristiano Collina

    Con il cambio di governo di venerdì 16 agosto 2024, Puerto de la Cruz ha subito tre drastici cambi di governo, tutti a sfavore del PSOE, diventando uno dei comuni canari più instabili dal 1995 ad oggi e confermandosi una città fiorente ma molto politicizzata e aspra.

    Se c’è un comune che potrebbe essere utilizzato per un master intensivo sulla politica locale nelle Isole Canarie, questo è senza dubbio Puerto de la Cruz. 

    Una città che è stata un punto di riferimento per il turismo mondiale, che ha esplorato quello che poi è stato chiamato il modello di massa a partire dagli anni Sessanta, pur essendo già da secoli una destinazione climatica e sanitaria, e che, nonostante sia la più piccola delle città dell’isola (9 chilometri), concentra visioni, sensibilità, contrasti sociali ed economici tipici di città molto più grandi.

    Questi paradossi, però, si scontrano con la storica sensazione di essere all’avanguardia e di essere un comune di lancio che, pur con alti e bassi, ha riconquistato la sua leadership negli ultimi anni.

    Naturalmente, questo vessillo di punta di diamante regionale è andato di pari passo con una perenne acrimonia politica, anche se spinta e mantenuta con forza dal 1995, con la prima mozione di censura. 

    Da allora e fino a pochi giorni fa, ce ne sono state tre, tutte contro il PSOE, anche se colpisce il fatto che, in questa occasione, con la partecipazione di un partito presumibilmente a sinistra della socialdemocrazia (Asamblea Ciudadana Portuense, ACP), che ha restituito il sindaco al PP insieme al CC.

    Indubbiamente la presenza di molti alberghi e negozi con, a loro volta, una grande forza lavoro, hanno portato a una forte base sociale operaia a partire dagli anni Sessanta (anche se molti provenivano dai comuni vicini). 

    Questa struttura sociale, in una città il cui potere si concentrava in poche famiglie, si mescolava alla tradizione socialista locale, dalle prime proteste dei pescatori all’inizio del XX secolo, agli scioperi nelle piantagioni di banane sostenuti dal Porto (anni ’30), ai governi di sinistra della Seconda Repubblica e a leader di grande influenza dopo il ritorno della democrazia.


    Sebbene il Puerto avesse una tradizione socialdemocratica, 16 anni di potere si consumano e, sommati all’ondata statalista del PP (che vince, seppur di 300.000 voti, le elezioni generali del 1996), nel 1995 il risultato del PSOE cala abbastanza (da 13 a 9) da determinare un cambiamento, fortemente voluto dalla destra. 

    Il primo governo PP-CC nel porto ha vissuto diverse crisi, anche se mai definitive. 

    Naturalmente, un patto del genere richiede molte cuciture, per cui, per evitare inutili attriti, hanno persino concordato di non portare in plenaria questioni nazionali che avrebbero diviso il voto. 

    Nel 2019, González vince e sale a 8, gli stessi del PP, il CC scende a 2 e arriva il patto PSOE-ACP. 

    Il resto è storia recente e si può riassumere come un’altra censura in una città altamente politicizzata, ferocemente divisa e che si trova ad affrontare tre anni di incertezza, anche se con un’occupazione record, un’occupazione alberghiera, un grande dinamismo nella presunta bassa stagione e la certezza che il governo regionale e il Cabildo faranno di tutto per non far fallire il nuovo patto.

    Franco Leonardi

     

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