C’è un filo conduttore invisibile che lega milioni di persone in tutto il pianeta, un legame fatto di frustrazione, di ingiustizia e di una silenziosa disperazione: “Ho un lavoro, ma sono povero”.
Questo fenomeno, che una volta sembrava un’eccezione, ora si sta trasformando in una regola, espandendosi senza sosta in ogni angolo del mondo.
Eppure, mentre questa realtà si allarga come una crepa irreversibile nel tessuto sociale, la gente, immersa nella lotta quotidiana per non affondare, non ha il tempo di alzare lo sguardo e vedere la vastità del problema.
Dai supermercati ai parcheggi, in diversi angoli del mondo si moltiplicano le storie di chi, pur lavorando, non riesce a sostenere una vita dignitosa.
Le disuguaglianze si allargano, i costi della vita aumentano e i salari restano stagnanti.
Due realtà emblematiche, una negli Stati Uniti e l’altra alle Canarie, dimostrano con crudele chiarezza come il sistema economico e sociale stia collassando su se stesso, lasciando indietro sempre più persone.
Non si tratta più di singoli casi sfortunati, ma di un fenomeno in espansione che sta trasformando la stabilità economica in un lusso per pochi, condannando alla precarietà anche chi, sulla carta, avrebbe dovuto avere certezze.
Rubare per sopravvivere.
Paul (nome di fantasia) è un amministratore di un’azienda di hosting dati in una piccola città statunitense.
Guadagna circa 46.000 dollari all’anno, che per molti sembrerebbe un buon reddito.
Ma tra tasse elevate, debiti studenteschi e, soprattutto, spese mediche, ogni mese si ritrova a dover scegliere quali bollette pagare e quali rimandare.
Diagnosi di colite ulcerosa e sindrome del tunnel carpale gli hanno causato oltre 52.000 dollari di debiti sanitari, una cifra che, nonostante il suo stipendio, non riesce a estinguere.
Per far fronte alla crisi, ha iniziato a rubare piccole quantità di cibo nei supermercati: “Non prendo mai più di due articoli alla volta, come burro e latte o fagioli.
Non perché voglia, ma perché devo.”
Vive con il costante timore di essere scoperto, ma non vede alternative.
Ogni volta che entra in un supermercato, si sente umiliato, ma la necessità ha avuto la meglio sulla dignità.
“Non sto vivendo nel lusso.
Il sistema ha fallito e non c’è motivo per cui l’assistenza sanitaria debba essere così costosa.”
Negli Stati Uniti, un problema come il suo è tutt’altro che isolato.
Milioni di cittadini si trovano nella stessa situazione, spesso per un imprevisto medico che li getta in una spirale di debiti impossibili da gestire.
In assenza di un sistema sanitario accessibile a tutti, il peso delle cure ricade interamente sulle persone, costringendole a scelte che mai avrebbero immaginato di dover fare.
Il prezzo della crisi abitativa alle Canarie.
A migliaia di chilometri di distanza, alle Canarie, la crisi si manifesta in un altro modo: quello della casa.
A Lanzarote, il costo delle abitazioni è aumentato del 40% negli ultimi quattro anni, spinto dal turismo di massa e dalla speculazione immobiliare.
Gli affitti superano i 1.200 euro al mese, mentre gli stipendi medi restano molto più bassi, spesso intorno ai 1.500-1.800 euro LORDI.
Il risultato?
Anche chi lavora a tempo pieno fatica a trovare un tetto sopra la testa.
Molti vivono in roulotte o camper adattati a casa, parcheggiando in zone turistiche con la speranza di non essere sgomberati.
Tra loro c’è un animatore turistico che, con uno stipendio di 1.600 euro, ha scelto di trasformare un furgone in abitazione dopo che il costo dell’affitto è diventato insostenibile.
C’è Antonio, ex capo pasticciere, che da tre anni vive in una Renault Kangoo e cerca ogni giorno di mantenere un minimo di dignità nonostante le difficoltà.
Oppure Ivana, insegnante di yoga, che ha scelto una roulotte dopo che il suo affitto è raddoppiato in pochi mesi senza alcuna giustificazione.
L’espansione del turismo ha peggiorato ulteriormente la situazione: mentre i posti letto turistici sono aumentati di 11.000 unità dal 2021, l’ultima edilizia sociale risale al 1994.
Le istituzioni restano immobili di fronte alla crescente emergenza abitativa, e intanto i comuni iniziano a vietare il parcheggio di roulotte e camper, senza però offrire alcuna soluzione abitativa a chi non può permettersi altro.
La precarietà abitativa si sta trasformando in un problema strutturale che, senza interventi concreti, condannerà una fetta sempre più grande della popolazione a vivere senza stabilità.
Già lo scorso giugno avevamo evidenziato in un articolo come questo fenomeno stesse espandendosi anche a Tenerife e Gran Canaria, dove sempre più lavoratori vengono spinti fuori dal mercato immobiliare e costretti a vivere in condizioni precarie.
Il trend non accenna a fermarsi e sembra anzi accelerare con l’aumento degli affitti e la mancanza di politiche abitative efficaci.
Un futuro incerto.
Paul e gli abitanti di Lanzarote sono solo alcuni esempi di un problema globale: lavorare non basta più per vivere dignitosamente.
Il sogno di una casa di proprietà o di una sicurezza economica è sempre più irraggiungibile per molti.
Ogni giorno, le persone sono costrette a prendere decisioni drastiche: pagare l’affitto o mangiare?
Curarsi o evitare nuovi debiti?
Il sistema sta fallendo in più Paesi e sempre più persone ne stanno pagando il prezzo.
Mentre le istituzioni restano fermi, la forbice tra ricchi e poveri continua ad allargarsi.
Anche se i governi, quello spagnolo tra i tanti, si sforzano di propagandare misure atte alla tutela dei più deboli, è evidente e innegabile che il sistema si avvita su se stesso e non dà speranza.
Paul, Antonio, Ivana e migliaia di altri stanno già pagando il prezzo di un’economia che non protegge i più vulnerabili.
Di Italiano alle Canarie