Rispetto agli anni ’70, le isole dell’arcipelago dispongono del 10% delle risorse ittiche prima presenti.
La diminuzione del pesce per effetto dell’inquinamento e della pesca eccessiva, non solo ha minato l’ecosistema marino ma ha causato ingenti perdite nel mercato del pescato canario.
In 40 anni l’arcipelago ha visto perdere il 90% delle specie marine e secondo i dati raccolti da Ricardo Haroun e José Juan Castro, membri del gruppo investigativo di Biodiversità e Conservazione della Universidad de Las Palmas, la situazione è critica.
Frutto di cambiamenti che stanno avvenendo a livello di ecosistemi per buona parte causati dalle attività umane, la spaventosa diminuzione di risorse ittiche nell’arcipelago è un fenomeno che si ripercuote in tutti i mari del pianeta, anch’essi oggetto di grave minaccia.
Obiettivo del centro di ricerca è di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili al fine di fare un censimento delle specie presenti (alcune delle quali nuove nell’arcipelago) e di analizzarne la distribuzione.
La pesca nelle acque delle Canarie comprende principalmente orate, polpi, crostacei, pesce azzurro, sgombri e sardine (quest’ultime ora quasi scomparse) e tonno, a seconda della stagionalità.
La batimetria dei fondali dell’arcipelago è piuttosto brusca, con pendenze che superano i mille metri di profondità, rendendo il mare delle coste simile al mare aperto.
Rispetto ai ricchi fondali di risalita, le acque circostanti sono relativamente povere di risorse ittiche benché le attività di pesca siano una parte essenziale dell’identità delle isole.
La perdita di accesso alle ricche zone del Sahara quando la Spagna abbandonò nel 1975 il Sahara Occidentale, la proclamazione a comunità autonoma dell’arcipelago nel 1982, l’adesione alla UE da parte della Spagna con conseguente accesso ai fondi strutturali e agli accordi di pesca nel 1986 e l’attuazione della politica di pesca nelle isole, hanno portato la gestione delle risorse ittiche a livello locale di competenza del Governo delle Canarie.
Per livello locale si intendono le acque interne all’arcipelago, meno ricche di pesce, tanto da comportare lo sviluppo dell’acquacoltura, responsabile del 59,6% della produzione ittica canaria.
L’evoluzione delle flotte nel corso degli ultimi decenni è il segnale più evidente della riduzione delle risorse ittiche: tra il 2000 e il 2013 il numero delle navi è stato quasi dimezzato, così come la stazza lorda totale e di forza motrice dei pescherecci sono diminuite del 60%.
Nel 2012 le importazioni di pesce alle Canarie hanno raggiunto 55.179 tonnellate e la fonte primaria è stata la Cina, seguita da Vietnam e Corea del Sud.
E un arcipelago che importa pesce fa un po’ sorridere, di sorriso amaro.