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    Mangiamo giapponese

    Da molti anni ormai la cucina giapponese è entrata con furore sulle tavole di tutto il mondo: sushi, sashimi, maki e nigiri saziano gli appetiti, la curiosità e soddisfano gli occhi sempre più di frequente. La cultura culinaria del Giappone nasce dall’influenza della cucina cinese, infatti nei secoli passati (si parla del VI sec) i giapponesi impararono a gustare piatti e prelibatezze della cucina buddhista, con tutti i loro valori e principi, eleggendo però più l’eleganza e la raffinatezza sia nella scelta delle materie prime che nell’estetica, dei vicini cugini cinesi. Per realizzare una cena tipica giapponese bisogna sapere che per loro il pasto ha dei valori molto più importanti dei semplici valori nutritivi, quindi il cibo deve essere di ottima qualità, bello da vedere, l’estetica gioca un ruolo molto importante.

    Tutte le porzioni, le fette dovranno essere tagliate della stessa misura, bisognerà scegliere delle guarnizioni con colori che si accompagnino al cibo principale, gli aromi essere persistenti ma non invadenti, per non parlare poi dei piatti e delle “posate”, che quasi sempre hanno decori fatti a mano e molto ricercati. Praticamente un’opera d’arte vera e propria.

    In genere gli chef nipponici non si accontentano solo di possedere la tradizione culinaria tra le più antiche, complete, vaste e interessanti del mondo, ma si divertono a sperimentare in un insolito ping pong tra concetti seri e vere e proprie provocazioni.

    Una simpatica mania giapponese è quella di geometrizzare il cibo, partendo dal mostro sacro del sushi e dai famosissimi bento (piccoli contenitori).

    Un’altra strana passione del Paese del Sol Levante è di certo quella per i cibi velenosi, come ad esempio lo “sashimi di Fugu” (pesce palla) potenzialmente mortale rispettivamente per le sostanze prodotte dal fegato e per il veleno contenuto negli aculei posti sulla pinna dorsale.

    di Marta Giulli

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