Il veleno di vespe, scorpioni e serpenti è al centro di numerosi studi che hanno come obiettivo quello di creare sostanze utili nella lotta contro il cancro.
Paradossalmente ciò che viene temuto a ragion veduta dall’uomo e oltretutto causa di decessi e gravi disagi, viene oggi osservato come precursore di medicinali in grado di arrestare quella che, per la civiltà moderna, è una vera pandemia, il cancro.
Gli scienziati dell’Instituto de Investigación Biomédica (IRB) di Barcellona hanno messo a punto una terapia basata su un peptide ricavato dal veleno di vespa per combattere il cancro al seno.
Il peptide ha la capacità di formare dei pori all’interno della membrana plasmatica cellulare, attraverso i quali penetrare dentro la cellula per provocarne la morte per necrosi.
Un’autentica arma naturale, secondo l’autore della ricerca Miguel Moreno, che può essere usata per la sua alta tossicità nelle cellule tumorali per distruggere.
Il come è la parte più rilevante della ricerca; gli scienziati avrebbero ideato un supporto polimerico costituito dal peptide che si lega ad un recettore della cellula tumorale, consentendo così al componente del veleno di entrare in quest’ultima.
Gli esperimenti in vitro hanno rilevato che la sostanza si distribuisce in maniera appropriata all’interno delle cellule tumorali, provocandone la morte, mentre le cellule cosiddette sane rimarrebbero inalterate.
I risultati sono ancora molto preliminari e il prossimo passo sarà quello di testare il peptide sui topi vivi, ma gli scienziati sono ottimisti e hanno ammesso che si potrebbe già nel giro di 3 anni ottenere risultati soddisfacenti per poter cominciare le prime terapie sull’uomo.
Analogo comportamento è stato rilevato dai ricercatori dell’Università dell’Illinois nei peptidi di scorpioni e serpenti che, mimetizzandosi nel sistema immunitario, attaccano le cellule ammalate, risparmiando quelle sane, inclusi i tessuti.
Il punto da superare, secondo le affermazioni dei ricercatori americani, è l’effetto potenziale di danneggiamento del cuore e di sanguinamento sottocutaneo come reazioni collaterali dell’utilizzo del peptide estratto dal veleno, ma attraverso la nanotecnologia auspicano di poter realizzare un trattamento sicuro per coloro che sono affetti da cancro in un tempo massimo di 5 anni.
La ricerca è stata presentata al National Meeting dell’American Chemical Society di San Francisco.
di Franco Leonardi