Le Amministrazioni Pubbliche, perseguendo lo sforzo di riscuotere imposte, sono sempre alla ricerca di formule per mantenere un sistema che permetta di ottenere dalla cittadinanza le entrate necessarie, principalmente, al sostentamento dei propri impiegati.
Una delle formule di riscossione praticata è l’imposta sull’incremento del valore dei terreni di natura urbana (ex Plusvalía Municipal), immobili la cui gestione è competenza degli Ayuntamientos, responsabili inoltre di determinare l’incremento del loro valore quando questi sono oggetto di compravendita, eredità, donazione, etc, situazioni dove le parti coinvolte devono dichiarare nelle corrispondenti scritture pubbliche di aver affrontato il pagamento di detta imposta.
L’imposta si calcola normalmente sulla base del valore catastale del terreno determinato da IBI, Impuesto de Bienes Inmuebles, secondo l’ultimo aggiornamento e l’aliquota fissata da ogni comune non può eccedere il 30%, rimanendo tassati anche i casi che risultano esenti da pagamento.
Per i comuni il fatto che i terreni avessero perso di valore non pregiudicava il pagamento della Plusvalía, atteggiamento che ha peggiorato la situazione vissuta dalla Spagna nel settore immobiliare, dove in molti casi la cessione dell’immobile ha significato una perdita patrimoniale.
Il metodo di calcolo non solo non tiene conto del guadagno o della perdita reale che si sono prodotti con la cessione, ma aumenta il valore del terreno in funzione di regole matematiche, già trattate in precedenza, per le quali si prende come riferimento il valore catastale che, nell’atto della cessione, si moltiplica per il numero di anni trascorsi e per percentuali stabilite da ogni Ayuntamiento.
Già alcuni Tribunali di Giustizia avevano dimostrato il contrario, sottolineando che doveva esistere un reale incremento del valore dell’immobile, valore che un metodo di calcolo fittizio, sostituendo la realtà economica, non avrebbe potuto dimostrare.
Così si pronunciò per esempio il Tribunal Superior de Justicia de Cataluña nella sentenza del 22 di maggio del 2012 o il Tribunal Ecónomico – Administrativo di Navarra il 10 di agosto del 2012.
Tuttavia è solo nello scorso mese di maggio, il giorno 11, che il Tribunal Constitucional ha chiarito definitivamente la questione, emettendo una sentenza di incostituzionalità sulla base di una questione di egual natura promossa dal Juzgado de lo Contencioso – Administrativo numero 1 di Jerez de la Frontera, per gli articoli 107.1, 107.2.a e 110.4 della Ley Reguladora de las Haciendas Locales, modificati dal Real Decreto Legislativo 2/2004 del 5 di marzo, e riferita al sistema di calcolo della base imponibile dell’imposta sull’incremento del valore dei terreni di natura urbana e ai poteri dei comuni circa l’ispezione e la verifica del pagamento della plusvalía.
La sentenza di fatto afferma che per le concessioni di immobili per i quali non si è registrato un incremento di valore, sia in termini di perdite che in presenza di mancato aumento reale dell’oggetto della concessione, non si deve pagare la tassa.
In ogni caso, a maggior tutela, sarebbe fondamentale l’assistenza di un avvocato che necessiterà di tutti i documenti di compra vendita dell’abitazione, se di questa si tratta, e delle ricevute del pagamento di detta imposta, intendendo che ogni reclamo potrà essere esteso ai casi di eredità o di donazione, tenendo conto del valore reale che aveva l’immobile e non di ciò che i comuni hanno preteso di determinare.
Sono quindi i valori reali a stabilire se è possibile o meno reclamare quanto è stato pagato in relazione a detta imposta, considerando che per rivendicare la somma corrisposta devono essere presenti tre condizioni, ovvero che la concessione non abbia generato alcun guadagno, che non siano trascorsi più di quattro anni dal pagamento e che la transazione non sia ancora definitiva.
Mancando le suddette tre condizioni, si dovrà procedere a sollecitare l’annullamento della transazione e la restituzione delle somme versate indebitamente o della plusvalía municipale.
di Optimus Abogados