Nuove e recenti indagini hanno evidenziato che il collasso della parete del vulcano eruttato 170 mila anni fa nell’Arcipelago delle Canarie generò un megatsunami che impattò le coste dell’allora isola di Tenerife, modificandone per sempre la conformazione originaria.
I depositi ritrovati a oltre 132 metri di altitudine sulle pendici nord occidentali di Tenerife sono stati interpretati dagli studiosi come la prova di megatsunami generati dal collasso del fianco del vulcano.
In particolare la stratigrafia dei depositi e la caratterizzazione dei clasti di pomice trovati nei depositi, ha permesso di individuare due distinti tsunami, la loro origine e la dimostrazione dell’associazione tra il massiccio collasso e una eruzione esplosiva di ignimbrite.
Il primo di questi si generò a seguito del franamento del fianco sottomarino settentrionale dell’isola, approssimativamente in zona Icod, mentre un secondo seguì la enorme valanga staccatasi dal rilievo a seguito dell’esplosione vulcanica in zona El Abrigo.
I depositi generati dai megatsunami sono stati rilevati a Teno Bajo, Playa Arena e a El Puertito; lo strato di sabbia di circa 40 cm di spessore trovato tra i depositi e il flusso di lava a Teno Bajo suggerisce che lo tsunami non si è verificato subito dopo l’eruzione ma che la corretta successione degli eventi è da intendersi con fenomeno eruttivo, collasso del fianco del vulcano e infine tsunami.
L’accoppiamento tra un massiccio collasso e una grande esplosione rappresenta, secondo gli studiosi, un nuovo evento relativo ai vulcani tettonici dello scudo vulcanico oceanico ma soprattutto la possibilità di un catastrofico similare scenario.
I collassi degli scudi vulcanici oceanici sono spesso di magnitudo superiore rispetto alle più grandi valanghe che interessano altri tipi di vulcani, circa decine di centinaia di km cubici in più, e si configurano come generatori di megatsunami.
Per fare un esempio basti pensare a quanto avvenne nel 1888 quando il vulcano di Ritter Island, Papua Nuova Guinea, crollò per una porzione di 5 km cubici, il più grande collasso storico di un vulcano, producendo uno tsunami di 10-15 metri sulle coste di Bismarck Sea.
Le dinamiche dei collassi delle pareti degli scudi vulcanici oceanici sono ancora poco documentate, cosa che genera grande incertezza sui pericoli connessi allo sviluppo di megatsunami.
I ricercatori sono comunque concordi, a fronte di prove inequivocabili, che l’eruzione di Abrigo e il collasso del fianco a Icod sono strettamente collegati.
In particolare il flusso di detriti di Icod è correlato alla formazione delle pianure abissali di Agadir e Madeira, distanti fino a 1000 km da Tenerife.
La domanda che si pongono a questo punto gli scienziati è quando e in che misura potrebbe realizzarsi un evento similare, da reputarsi in ogni caso catastrofico per tutto l’Arcipelago.