Il fenomeno della vendita, illegale, di auto in strada è una pratica che si è diffusa a macchia d’olio a partire dal 2015 in alcune zone di Tenerife, quali Arona, Playa de las Americas e Costa Adeje, e che i piccoli e medi imprenditori definiscono come una forma di concorrenza sleale che colpisce non solo il settore ma anche la cittadinanza, depauperata di porzioni di parcheggi occupati dagli improvvisati commercianti.
Nei pressi delle rotonde e nei viali di Los Cristianos e Las Américas, ad esempio, sono state segnalate 47 auto in vendita, identificabili dai caratteristici numeri e dalla pubblicità esposta.
Antonio Luis González, presidente dell’Asociación de Empresarios, Comerciantes y Profesionales de Arona, denuncia il danno economico che il fenomeno provoca nello specifico al settore dell’usato, settore che paga regolarmente le tasse e si attiene alla normativa vigente della limitazione dei pagamenti in contanti.
Si presume infatti che la vendita di auto in strada realizzi spesso per ogni vettura guadagni superiori ai 2.500 euro, limite oltre il quale il contante deve essere sostituito da bonifici o altri mezzi rintracciabili.
Quella che si sta sviluppando, prosegue, è un’economia irregolare alla luce del giorno, senza che Ayuntamientos e Agencia Tributaria o Tráfico intervengano sulla questione.
Occorre maggiore controllo, afferma González, che per altro risulterebbe estremamente facilitato non solo dall’evidenza ma anche dai passaggi di proprietà dei veicoli venduti.
Di contro si assiste ad un aumento della vendita di auto di seconda mano che nell’Arcipelago, nel primo trimestre del 2017, ha visto un incremento del 26,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, pari a 24.728 autovetture.
I dati, diffusi dalla Federación de Asociaciones de Concesionarios de la Automoción (Faconauto), sottolineano anche che tutti i mercati spagnoli hanno vissuto un momento di impennata nelle vendite, dovuto principalmente alle manovre promozionali per incentivare l’acquisto di auto semi nuove che fino a marzo 2017 hanno letteralmente quasi monopolizzato quasi un quarto del mercato, pari al 22%, quando fino a un anno fa era del 17%.
Ancora più lecita quindi la protesta dei regolari venditori contro il fenomeno lamentato, che tende a minacciare un particolare momento positivo di tutto il settore.
di Daniele Dal Maso