La pianta della mano di Buddha cresce soprattutto in Cina, Giappone e India del Nord.
In tempi recenti hanno iniziato a coltivarla anche negli Stati Uniti e in Israele.
È così profumata che spesso viene utilizzata per aromatizzare gli armadi e gli ambienti.
Il nome caratteristico viene dalla peculiare forma ed è considerato un frutto portafortuna in Asia, dove è piuttosto conosciuto e utilizzato come segno ornamentale di benvenuto, ma anche in cucina in alcuni piatti della tradizione cinese.
Come viene mangiato?
Iniziamo dicendo che è un frutto profumatissimo.
Il sentore agrumato, fresco e intenso, ricorda quello del limone, della viola e del cedro: rispetto a quest’ultimo è privo di semi e meno acidulo.
Ha tanta scorza, anzi si può dire che è composto praticamente solo di buccia con pochissima polpa e zero succo all’interno.
La buccia è squisita, da gustare soprattutto candita perché al naturale è piuttosto coriacea.
La mano di Buddha non può essere sbucciata come si farebbe con un’arancia o un pompelmo: va tagliata a fette oppure grattugiata.
Con la sua scorza si possono aromatizzare sia pietanze a base di carne che di pesce, ma anche insalate, primi piatti e verdure.
Consideratela alla stregua di un limone, ma non esagerate con le dosi perché il suo aroma è davvero molto intenso. La sua buccia, ricchissima di olio essenziale, viene anche usata per la preparazione di liquori e digestivi.
Anna Catalani