Avete mai conosciuto un giallo dove il principale sospettato diventa l’investigatore del delitto?
Qui Scotland Yard: così comincia lo sceneggiato “Melissa”, un capolavoro Rai del 1966.
È basato su un romanzo dello scrittore britannico Francis Durbridge, ambientato a Londra, nella swinging London. Probabilmente il successo di “Melissa” è dovuto al fatto di essere un originale televisivo creato dallo stesso Durbridge, con l’adattamento di Daniele D’Anza, che firma anche la sigla.
La trama è veramente coinvolgente, scandita dalla meravigliosa musica di Fiorenzo Carpi.
Da notare come anche nella fiction del commissario Montalbano, suo padre lo scrittore Andrea Camilleri ha partecipato alla sceneggiatura.
Ma non sono sicuro del risultato…
In settembre vi aspetto con la rubrica: Montalbano e Catarella.
Fin dall’inizio la narrazione si potrebbe definire “a cipolla”: il sospettato e l’ispettore ne tolgono uno strato alla volta, ma lo fanno insieme ai telespettatori.
Soltanto un giallo di qualità può sopportare sei puntate mantenendoci interessati.
Nei film c’è di solito un poliziotto o un detective come protagonista, ma in questo il sospettato agisce come un investigatore lavorando insieme all’ispettore.
Si tratta del vedovo di Melissa, Guy Foster, interpretato dall’attore Rossano Brazzi.
Guy è incoraggiato dall’ispettore Cameron di Scotland Yard, impersonato dall’attore Turi Ferro, ad aiutarlo nell’inchiesta sull’assassinio di Melissa.
Cameron, un ispettore in gamba, sa mentire bene per trovare delle informazioni; mentre Guy, un investigatore alle prime armi, lo impara da solo, ricevendo le congratulazioni dell’ispettore.
Credo che Cameron veda in Guy, uno scrittore esordiente, il potenziale di un bravo investigatore.
Guy fa l’investigatore pur dubitando, come lo stesso Cameron, della propria salute mentale dopo la morte di sua moglie.
Crede di riconoscere, in una telefonata, la voce di Melissa, ma a un’ora in cui, secondo il forense, era già stata strangolata.
In una scena, vediamo Guy con gli occhi lucidi raccontare a Cameron che a volte crede che sua moglie sia ancora viva!
Cameron lo ascolta come un amico; nella quinta puntata invita Guy a bere una birra dicendogli di non credere che sia l’assassino, però aggiungendo che “il dubbio è la nostra forza”.
Per me è stato un sollievo poiché già cominciavo a nutrire simpatia per Guy e naturalmente per Cameron.
Io guardo i film per nutrire il mio spirito.
Non capisco quei critici cinematografici che parlano della violenza come di uno stile estetico, come nei film di Tarantino.
In “Melissa” ci sono diverse tracce di umanità, ad esempio il falsario Nottingham, detto Harley, è un gentiluomo che parla all’ispettore con educazione e si mostra orgoglioso del suo mestiere di… delinquente.
Possiamo dire che ci sono stati dei criminali “cortesi” nel secolo scorso!
Cameron ci dà una lezione da bravo poliziotto, come farebbe il Commissario Maigret, quando interroga una coppia dell’alta società, alla quale ovviamente non piace essere interrogata.
L’ispettore ringhia, a questo paio di cretini, che lo infastidisce l’istintiva complicità con cui ciascuno degli invitati al party in cui si trovano, cerca di coprire gli altri.
Io provo lo stesso fastidio quando vedo nei film le noiose chiacchierate di coloro che non hanno la necessità di lavorare.
Oppure quando leggo le odierne stupidaggini sulle reti sociali.
Nei gialli possiamo e dobbiamo riuscire a trovare un po’ di umanità!
Alla fine scopriremo che Melissa era ricattata e doveva portare avanti una doppia vita nel delitto.
E vediamo Cameron consigliare a Guy, come un padre, di ricordare soltanto la prima Melissa, la donna con la quale si era sposato per amore.
Nel telefilm non si vede, ma io mi auguro un futuro da bravo scrittore per Guy.
Che ne pensate?
Arch. Roberto Steneri