Un interrogatorio poliziesco può essere svolto come un gioco per bambini?
Nello sceneggiato Rai Il candelabro a sette fiamme sì.
In questa spy-story (1974) ambientata a Milano nel 1935, durante il ventennio fascista, il protagonista è il Commissario De Vincenzi, interpretato da Paolo Stoppa, un personaggio creato dallo scrittore Augusto De Angelis. Con un’accattivante musica di suspense di Bruno Nicolai, la sigla comincia allegra, per poi diventare drammatica quando mostra una parata militare di Hitler.
Il Nostro è capace di ottenere informazioni da un cameriere che ha un attacco di panico.
Per incoraggiarlo, gli parla di Topolino e lo fa respirare profondamente.
Dopo che si è calmato, riesce a balzare come se giocasse a campana, per mostrargli sul pavimento, la posizione del “coltello uccisore”.
Questa divertente scena è un piccolo gioiello dello sceneggiato, in cui il Commissario fa un interrogatorio come se fosse un gioco tra padre e figlio.
Nello sceneggiato L’albergo delle tre rose, sempre di Augusto De Angelis, c’è un altro interrogatorio bizzarro, dove il commissario De Vincenzi gioca a biliardo con un sospettato.
Con la stecca in mano, il furbo commissario gli fa un paio di domande.
Prima di questa scena, vediamo il Vice Commissario Sani, interpretato da Franco Ferri, dargli il referto dell’autopsia in cui il legale parla di suicidio, mentre il Nostro difende la tesi di un mortale incidente perché l’ha detto un giornale!
Nel 2021 questo appare ingenuo, ma nel secolo scorso si ragionava così.
Oggi qualsiasi cosa scritta su un sito non vale un granché, a meno che non si verifichi la notizia tramite fonti attendibili.
L’accigliato, ma comunque gentile, De Vincenzi invita Sani a sedersi, cominciando una bella chiacchierata sulla vita.
Il Nostro accenna perfino a Freud, e con questa scusa mostra al suo braccio destro una lettera anonima che parla dei clienti di dubbia reputazione dell’Albergo delle tre rose.
Il Nostro è un uomo colto e accurato, tanto da fare un’analisi sintattica della lettera!
Alla fine conclude che la lettera è stata scritta da una donna o da un “uomo di temperamento femminile”, cioè di “carattere isterico e instabile”.
Un’affermazione di questo tipo, oggi non avrebbe senso, poiché ci sono sia donne che uomini sempre sul punto di esplodere.
Ma De Vincenzi non si lascia ingannare dai propri pregiudizi, e fin dall’inizio dà retta all’anonimo.
L’autrice della lettera, che risulta essere preveggente, in realtà è il negromante Giorgio Novarreno, che ha detto che il diavolo sghignazza in ogni angolo di quella casa.
Infatti lo stesso giorno della lettura dell’anonimo, viene ucciso qualcuno.
Quando De Vincenzi e Sani arrivano in albergo, accade qualcosa di meraviglioso: appare il Dott. Bonetti interpretato da Mario Righetti.
Lui ha vestito i panni di quel simpaticone di Orrie Cather, un aiutante di Nero Wolfe!
Non credo per niente nel bene e nel male come categorie assolute, però non mi piacciono neanche quei romanzi gialli dove ci presentano poliziotti cattivi e delinquenti quasi angeli.
Tra il bene e il male esistono molte sfumature, ma tutti possiamo essere classificati in entrambe le categorie.
De Vincenzi è un bravo commissario che sa essere esigente, ironico e uno psicologo in gamba come Philo Vance.
Il Nostro sa che “la verità può scattare soltanto dagli elementi psicologici del delitto”.
È così spavaldo che ha degli amici ebrei ai tempi del fascismo.
A volte gli capita di dover indagare sull’uccisione di persone che non gli sono simpatiche: nello sceneggiato La barchetta di cristallo si tratta dell’accoltellamento di un usuraio.
Arch. Roberto Steneri
Ps.: nella prossima rubrica vi presenterò: “Blavier, il commissario che spia”