E anche la patria del caffè
Luciano De Crescenzo ha scritto: “Vi siete mai chiesti cos’è il caffè? Il caffè è una scusa. Una scusa per dire a un amico che gli vuoi bene”. Il caffè appartiene alla cultura partenopea, si considera una offesa rifiutare l’invito a bere un caffè, in napoletano si dice Nce pigliammo ’nu caffè?
Facciamo un po’ di storia: i chicchi di caffè arrivarono a Venezia nel 1570; all’inizio per via del loro alto prezzo erano un prodotto per ricchi e la bevanda veniva venduta in farmacia come medicinale. Però i napoletani hanno fatto del caffè una bibita popolare grazie alla cuccumella o napoletana. In realtà, si tratta di una caffettiera francese inventata nel 1819, arrivata successivamente a Napoli e adottata dai partenopei. Questi ultimi la fabbricarono con un altro materiale a basso costo. La cosiddetta cuccumella spinge l’acqua attraverso il caffè soltanto con la forza di gravità, cioè non usa la pressione del vapore come fa la moka.
Soltanto in una città di garbo come Napoli sarebbe potuto nascere il bel costume del caffè sospeso: ovvero un caffè pagato in anticipo per uno sconosciuto che non ha soldi. Napoli è una città gentile e, come ha detto Peppino Gagliardi, è proverbiale la gentilezza dei partenopei. Lo sapete che se uno straniero chiede informazioni stradali, qualche napoletano potrebbe offrirsi di accompagnarlo? Angelo Forgione ha scritto: “Napoli continua a civilizzare il mondo”. Concordo e dico allora che in quest’epoca dove i social media hanno diffuso la mediocrità, cioè dove le persone provano orgoglio nell’essere ignoranti, Napoli ci appare un faro di umanesimo.
Ho visto una bellissima intervista di trent’anni fa a Marcello Mastroianni, in cui affermava: “Io amo Napoli… la forza dei napoletani è nel loro carattere, nella loro natura, nelle loro tradizioni… Come siano forti appunto le radici che hanno i napoletani, il loro umorismo, la loro capacità di risolvere con una battuta i problemi di una giornata. È una città amorevole e piena di simpatia per lo straniero, non ruffiana neanche furba, intelligente. Che garbo…che gentilezza d’anima… Io amerei vivere su un pianeta tutto napoletano perché so che ci starei bene. Napoli va presa come una città unica, molto intelligente. Napoli è troppo speciale, quindi non la possono capire tutti”.
E John Turturro, dopo aver girato il suo film Passione, un progetto musicale di amore su Napoli, ha detto: “Ci sono posti in cui vai una volta sola e ti basta… E poi c’è Napoli. In un paese così musicale come l’Italia, Napoli è forse uno dei più grossi juke-box di tutto il mondo, sia di musica classica che popolare”.
Lucio Dalla un napoletano nato a Bologna ha detto: “Io non posso fare a meno due o tre volte al giorno di sognare di essere a Napoli. Sono dodici anni che studio tre ore alla settimana il napoletano, per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni. E anche la bellezza di Totò è la bellezza di Napoli… l’ammirazione che io ho per il popolo napoletano nasce proprio da questo amore per Totò. Io sono Napoli dipendente”. Io aggiungo, inoltre, che per l’UNESCO il dialetto napoletano non è una varietà della lingua italiana, ma un idioma autonomo.
Come quella rubrica su Maradona, ho scritto anche questa con il cuore di un napoletano di adozione e come omaggio al garbo della città partenopea. Anch’io, al pari di Mastroianni, sono stato sedotto dalla città delle sirene. E sono orgoglioso di aver sempre cercato di amare come un napoletano DOC, poiché io sono il commissario dell’amore.
Commissario Steneri
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