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    Il colesterolo nel sangue: nemico o alleato?

    Negli ultimi numeri della rivista Leggo Tenerife mi sono dilungato a parlare di ipertensione arteriosa, di diabete mellito e di alcune loro possibili complicanze. Ho accennato al fatto che entrambe queste patologie possono decorrere, almeno in una prima fase, in modo asintomatico e che sono necessari periodici controlli per diagnosticarle precocemente e migliorare così il loro andamento clinico. Credo di aver sufficientemente puntualizzato il loro possibile ruolo nel determinare, o almeno nel favorire, il rischio di patologia acuta cardiovascolare intesa sia come ictus cerebrale che come infarto miocardico.

    L’argomento di oggi è relativo all’incremento della quantità di colesterolo nel sangue, tecnicamente definito dislipidemia, che è un altro importante fattore di rischio per l’insorgenza di quelle stesse patologie acute.

    In realtà, con il termine generico di dislipidemia si intende l’aumento della quantità totale dei grassi nel sangue comprensivi sia del colesterolo che dei trigliceridi; tuttavia, nell’ottica della patologia cardiovascolare, molta più rilevanza deve esser data all’incremento della colesterolemia ed in particolare di una delle sue frazioni.

    Tutti noi sappiamo, per esperienza diretta, che quando eseguiamo le analisi del sangue vengono dosati il colesterolo totale e due sue particolari frazioni definite HDL ed LDL. Ma quale ne è il loro significato?

    Scontato il fatto che la colesterolemia totale si riferisce alla quantità complessiva di tale molecola nel circolo sanguigno, le due frazioni sopra descritte hanno struttura e ruoli differenti nella genesi del danno vascolare.

    Facciamo alcune premesse:

    • il colesterolo è il substrato di alcuni ormoni del nostro organismo tra cui il cortisolo prodotto dal surrene e quelli prodotti da ovaio e testicolo che sono gli estrogeni, i progestinici ed il testosterone: come è evidente dalla foto, molto simili sono le loro strutture chimiche molecolari.
    • In quanto indispensabile alla sintesi ormonale, il colesterolo presente in circolo è prodotto dal fegato e solo in parte è frutto dell’assorbimento dagli alimenti. Un’adeguata dieta, seppur indispensabile, potrebbe non essere sufficiente a ridurne il tasso plasmatico.
    • Ogni sostanza presente in circolo, colesterolo compreso, si trova in gran parte legata alle proteine circolanti e, solo in minima parte, è presente in forma libera: quest’ultima è quella biologicamente attiva.
    • Notoriamente i grassi sono più leggeri rispetto alle proteine e, quindi, se maggiormente presenti nella costituzione delle lipoproteine conferiscono a queste ultime una più bassa densità. 

    Le due varianti di colesterolo, HDL ed LDL, sono lipoproteine cioè agglomerati molecolari di grassi e di proteine sieriche e si differenziano tra loro in relazione alla differente quantità percentuale delle due componenti.


    In altri termini, il colesterolo presente in circolo è in gran parte prodotto dal fegato e legato alle proteine del sangue andando a costituire le due lipoproteine anzidette. Le due sigle HDL ed LDL sono semplicemente le iniziali di parole inglesi che hanno il seguente significato: HDL vuol dire High Density Lipoprotein (lipoproteine ad alta densità) mentre LDL vuol dire Low Density Lipoprotein (lipoproteine a bassa densità). Quale ne è la reale differenza? Nelle lipoproteine ad alta densità (HDL) prevale la componente proteica rispetto a quella lipidica mentre il contrario si realizza nella variante a bassa densità (LDL) ove prevalgono i grassi rispetto alle proteine.

    Tale differenza strutturale comporta anche un diverso comportamento nella capacità infiltrante la parete dei vasi sanguigni cosicché, mentre le LDL tendono a penetrare e danneggiare la struttura vascolare, le HDL avrebbero un effetto di protezione della stessa e, conseguentemente, un effetto benefico. Le alterazioni strutturali del vaso sanguigno indotte dalle LDL potrebbero generare l’ispessimento endoteliale (IMT) e la formazione della placca; queste condizioni potrebbero, a loro volta, essere responsabili di ostruzione vascolare e di possibili altre complicanze come la fissurazione della placca stessa o la partenza di emboli causa di ischemie cerebrali.

    Da tutto ciò deriva l’obiettivo clinico di innalzare le HDL (colesterolo buono) e far decrescere le LDL (colesterolo cattivo) per ottenere un miglioramento dell’assetto metabolico e, conseguentemente, una migliore prevenzione in ambito cardiovascolare.

    Pur se la colesterolemia totale viene oggi considerata ottimale quando compresa entro i 200 mg/dl, assume un ruolo marginale rispetto al dosaggio delle LDL il cui valore di riferimento deve essere considerato in funzione del quadro clinico individuale: nei pazienti con basso rischio cardiovascolare l’LDL dovrebbe essere inferiore a 130 mg/dl mentre nei soggetti ad alto rischio, per esempio già affetti da infarto miocardico, dovrebbe essere costantemente al di sotto dei 70 mg/dl; intermedio sarà il valore ottimale delle LDL nei soggetti a rischio moderato.

    Mentre oggi è possibile intervenire farmacologicamente nella gestione delle LDL attraverso l’utilizzo degli integratori e/o delle statine, molto più complesso è cercare di innalzare il tasso delle HDL per sfruttarne il loro effetto protettivo. Sembrerebbero utili l’incremento dell’attività fisica e la dieta a base di pesce ma, in realtà, questo tasso plasmatico è in gran parte legato al personale profilo genetico.

    Il dosaggio delle LDL nel sangue veniva valutato, nel recente passato, applicando la formula matematica di Friedwald mentre è oggi possibile il suo dosaggio diretto che è certamente più attendibile.

    Per quanto riguarda il valore dei trigliceridi, questo dato incide poco sul rischio cardiovascolare ma quando fosse elevato potrebbe esprimere un’inadeguata dieta seguita dal paziente o potrebbe essere indicativo di una forma familiare di dislipidemia; l’incremento della trigliceridemia potrebbe comportare all’insorgenza della pancreatite acuta che è un’altra grave patologia ad inizio improvviso.

    Concludendo, nella valutazione del rischio cardiovascolare non dovremmo considerare solo l’ipertensione e il diabete mellito come causa di ictus ed infarto ma dovremmo tener d’occhio anche la colesterolemia totale ed in particolare il colesterolo LDL.

    Analogamente agli altri fattori di rischio, anche questo parametro andrà controllato periodicamente e, laddove dovesse risultare elevato, sarà necessario diminuirne l’apporto dietetico eliminando gli alimenti contenenti grassi animali; un’altra possibilità sarà quella di intervenire farmacologicamente per bloccare la quota di colesterolo prodotta nel fegato.

    Per decidere l’intervento farmacologico potrebbe essere utile eseguire un Ecodoppler TSA valutando così la possibile presenza di danni vascolari carotidei e, laddove vi fossero specifiche indicazioni, andare alla ricerca di altre alterazioni vascolari a livello coronarico, dell’aorta addominale e degli arti inferiori.

    Tali accertamenti potrebbero aiutare il medico a decidere se iniziare o meno la terapia farmacologica piuttosto che indurre il paziente esclusivamente a seguire un’idonea dieta e ad incrementare la propria attività fisica.

    Nella prevenzione della patologia cardiovascolare sarà necessario anche intervenire su altri fattori di rischio tra cui la sedentarietà, il fumo di sigaretta e l’incremento del peso corporeo che in ogni caso andranno singolarmente valutati.

    dott. Mauro Marchetti

     

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