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    Reinterpretare il Natale: il tie-break fra Erode e Gesú Bambino

    Hanna Arendt, filosofa brillantissima e molto originale, sostiene che ogni bambino che nasce, ovunque e in ogni tempo, ha in sé la forza attribuita al bambino del presepe cattolico.

    Ogni neonato è una concreta possibilità che l’umanità offre a se stessa di spezzare la catena dell’inevitabile e introdurre nella storia dell’umanità quella novità, quella rivoluzione, quel cambiamento di comportamento, in grado di segnare la differenza fra ciò che è estremamente improbabile e ciò che non può accadere.

    Una versione laica e razionale del miracolo di Natale.

    Non so se a torto o a ragione, la Arendt sosteneva che Erode che dà la caccia al bambino per ucciderlo, è una metafora appoggiata ad un fatto storico probabilmente accaduto non solo in Palestina e non solo nei giorni della narrazione dei testi sacri.

    Negare la discendenza agli oppressi è negare loro le condizioni per un progetto futuro a lungo termine.

    Gli eroi che danno la vita nelle rivoluzioni lo fanno perché le generazioni future possano ereditare uno spazio di felicità possibile.

    Senza eredi di uno sforzo di libertà… perché battersi?

    Personalmente, penso che non sia mai un cattivo momento per sedersi e tirare le fila dei nostri comportamenti e dei nostri pensieri.


    Ben venga un momento dell’anno in cui rallentiamo la frenesia del quotidiano e controlliamo se sono rimasti punti  in comune fra i valori che pensiamo di avere scelto e le azioni che abbiamo compiuto.

    Ma che valori è possibile scegliere nel mondo del 2023?

    Chi è Erode?

    Che messaggio bisogna nascondere nel cuore dei bambini, come un biglietto nella bottiglia, che duri più a lungo della vita del manipolo di psicopatici che, paghi di aggredire solo armeni, solo coloni di terre lontane, solo ebrei o solo palestinesi, solo templari o solo campesiños, hanno deciso di rivolgere il proprio attacco all’uomo in quanto tale e privarlo dello spazio e del motivo per costruire la felicità?

    Ipotizzo con la massima umiltà un messaggio di mio gusto, lasciando che ognuno si ponga questa domanda e trovi la sua risposta.

    Il messaggio che io metterei nel cuore delle nuove generazioni è un messaggio di de-strutturazione alla radice di  tutti i disvalori agganciati come anelli di filo spinato che sono diventati l’alfabeto del potere.

    Spingerei i bambini sfuggiti a Erode a svincolarsi dal di dentro dal monopolio delle opinioni, delle abitudini, delle informazioni.

    Insegnerei loro a difendersi dal sistema di premi e punizioni su cui si basa il conformismo uniforme di persone che cercano di mischiare tutti i colori della plastilina per arrivare a quel colore neutro, triste, né nero né marrone che restava alla fine delle vacanze di Natale, quando avevamo pasticciato la plastilina e ogni colore aveva inghiottito l’altro fino a farli sparire tutti.

    Spingerei i bimbi che crescono a combattere con ogni mezzo la pressione a diventare egoisti e miopi, perché la relazionalità e l’altruismo sono mattoni fondanti della libertà e della felicità.

    Userei questo noioso Natale di pranzi obbligati e commessi esausti per i turni forzati e mal pagati della domenica, come un momento potentemente rivoluzionario.

    Lo dedicherei a rimettere il contatto e l’interesse  per le persone attorno a noi, lo scambio di energie e sentimenti al centro del nostro agire, perché l’agire collettivo è una fonte inesauribile di creazione e cambiamento.

    Se l’amore per i bambini che Erode non deve trovare può accenderci la forza di essere cambiamento e di essere rivoluzione, allora sì, che sia un Natale pieno di amore, che sia un Natale per scrivere un biglietto e metterlo nella bottiglia del loro cuore, perché il mondo diverso che possono ancora creare, passi il confine fra impossibile e improbabile perché il peggiore rischio a cui ci espone il buio in cui stiamo vivendo, è quello che senza accorgercene, ci possiamo abituare.

    Claudia Maria Sini

     

     

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