La crescita esponenziale della popolazione delle isole apre il dibattito sull’immigrazione e sul turismo in un territorio fragile, la cui impronta ecologica è 10 volte superiore alla sua superficie.
Le Isole Canarie, con 302 abitanti per chilometro quadrato, sono la seconda regione spagnola con la più alta densità di popolazione, superata solo da Madrid.
E si comporta come una calamita.
Dei suoi 2,2 milioni di residenti, il 15% è straniero e le isole sono in procinto di recuperare i 14 milioni di turisti annuali del periodo pre-pandemia.
Ma la distribuzione non è uniforme, con alcune zone sovraffollate e altre che si svuotano.
Le statistiche pubblicate dall’Istac mostrano che l’arcipelago ha guadagnato circa 570.000 residenti negli ultimi 25 anni, con una crescita impressionante del 35,5%.
Queste cifre sono rivelatrici perché, nello stesso periodo, regioni di dimensioni simili come i Paesi Baschi sono cresciute del 5%, mentre il Paese nel suo complesso è cresciuto del 19%.
Non è che le Isole Canarie si stiano riempiendo di bambini.
Al contrario, il tasso di crescita vegetativa è negativo da decenni e continuerà ad esserlo anche in futuro.
La chiave è l’immigrazione.
Ogni anno arrivano migliaia di stranieri, attratti dalle opportunità di lavoro e d’affari legate al sole e alla spiaggia.
Oltre ai residenti – stranieri o locali – c’è una popolazione fluttuante media di 300.000 turisti, anche se in alta stagione aumenta a tal punto che, senza aspettare che si realizzino le proiezioni future, “in quei periodi abbiamo già tre milioni di persone”, secondo Guillermo Morales, professore di Geografia umana all’Università Carlos III.
Questa pressione provoca molteplici conseguenze: saturazione dei servizi pubblici, aumento del consumo di acqua e di energia, aumento delle emissioni di CO₂, carenza di alloggi, sovradimensionamento del parco auto, impatto sul mercato del lavoro, gestione dei rifiuti o maggiore dipendenza dalle importazioni.
In questo contesto, il dibattito si è riaperto nelle Isole Canarie.
Ci sono voci, come quella del presidente del CES, José Carlos Francisco, che ritengono che la crescita demografica non sia di per sé negativa se accompagnata dalla pianificazione dei servizi necessari.
Allo stesso tempo, ci sono opinioni che sostengono con forza la necessità di limitare l’arrivo di residenti stranieri – attualmente guidati da italiani e britannici – che raddoppieranno la loro presenza alle Canarie (30%) entro il 2033.
Un’intenzione che si scontra con la libertà di circolazione sancita dalla legislazione europea, ma che i suoi sostenitori intendono aggirare rendendo difficile l’acquisto di una casa, come avviene in Finlandia e a Malta.
Che questa possibilità sia percorribile o meno, i dati sono eloquenti.
Le isole sono in testa agli acquisti di immobili da parte di stranieri (33,7%), davanti alle Baleari (31,5%), un dato che conferma che in alcune isole la percentuale di residenti stranieri è alle stelle: a Fuerteventura rappresentano il 43% e a Lanzarote il 30% del totale dei residenti registrati.
D’altra parte, c’è l’impatto del turismo, che alcune correnti di opinione stanno cercando di arginare, ma ci muoviamo su sabbie mobili.
Il settore è il motore economico delle isole, generando il 35% del PIL e il 40% dell’occupazione.
È un successo clamoroso.
Secondo i dati forniti dal geografo Juan Israel García dell’Università di La Laguna, le Isole Canarie rappresentano lo 0,01% del territorio mondiale e sono in grado di catturare l’1% del turismo globale.
Tuttavia, ci sono isole che si rifiutano di morire di successo.
Lanzarote, con una popolazione di circa 156.000 abitanti, ha ricevuto circa 2,8 milioni di visitatori nel 2022.
Dopo queste cifre, intende dichiararsi zona turisticamente satura come passo preliminare per avviare una fase di declino e puntare sulla formula, non facile, di meno turisti con maggiore spesa.
Il caso opposto è rappresentato da La Palma, La Gomera e El Hierro.
Le cosiddette isole verdi sono ben lontane dal turismo di massa e, nel complesso, contano a malapena più di 116.000 abitanti, il che dimostra l’impatto diseguale del carico demografico sulle Canarie.
La maggior parte della popolazione insulare (97%) è concentrata a Gran Canaria, Tenerife, Fuerteventura e Lanzarote.
E, all’interno di queste, in soli 16 comuni, causando il fenomeno all’interno di ogni isola che contrappone concentrazioni estreme nello stesso territorio ad altre aree che si stanno svuotando.
In queste zone la popolazione è in calo o stagnante da decenni e sta invecchiando sensibilmente perché i giovani si spostano in zone più attive.
È qui che gli esperti vedono un’opportunità di lavoro nel settore dell’assistenza, insieme a una politica fiscale che incoraggi la residenza e l’imprenditorialità.
Non esistono soluzioni magiche, né una ricetta unica per tutto l’arcipelago o anche per una singola isola.
Esistono però proposte per ridistribuire la popolazione, per limitare il turismo, per rendere più difficile l’accesso agli stranieri o per continuare a crescere pianificando i servizi e i beni di consumo necessari.
Idee per un dibattito che cerchi di rispondere a quale qualità di vita vogliono gli abitanti delle Canarie.
Bina Bianchini