Las Pintaderas aborigene, un modo per cercare legami tra le Canarie e la Sardegna: “È un sogno”
Il progetto Eurínsula, guidato da Isabel Vera delle Isole Canarie, mira a gemellare l’isola italiana con il comune di Gáldar attraverso i reperti archeologici.
Isabel Vera è nata a Tenerife, ma l’isola italiana di Sardegna è diventata la sua casa negli ultimi tre decenni.
Con il cuore diviso, si propone di trovare legami tra i due territori.
La nativa di Tenerife sapeva che in Sardegna aveva trovato due “pintaderas”, un tipo di oggetto molto presente nelle Isole Canarie, tra gli anni ’40 e ’50 – che si aggiungono a un’altra di 20 anni fa.
Las pintaderas canarie sono oggetti realizzati principalmente in argilla o terracotta, anche se ne esistono alcune in legno, realizzate dai Guanci.
La maggior parte di esse aveva un manico, ma molte altre non lo avevano, perforato da un foro di sospensione.
Hanno forme geometriche, triangoli, cerchi, semicerchi, anche combinando più forme, e a loro volta decorate con altre figure geometriche impresse su di esse.
Le dimensioni variano, ne sono stati trovati da 2 a 12 cm.
Isabel ne ha parlato con Pier Paolo Mulas, il sindaco di Torralba, il comune in Sardegna in cui sono state ritrovate – che ora è gemellato con Gáldar – e da quel momento tutto è andato per il meglio.
Ora, con il progetto” Isole del Mare”, attraverso Eurínsula, mira a collegare la Sardegna con l’Arcipelago, dove la Cueva Pintada de Gáldar – il più grande sito ad essere stato studiato con le nuove tecnologie – gioca un ruolo fondamentale.
L’obiettivo è collegare i due luoghi grazie a una curiosa coincidenza storica.
Pepe Molina, dottorando in Storia presso l’Università di Las Palmas de Gran Canaria (ULPGC) e autore di una tesi sulle grotte dipinte dell’isola di Gáldar, è immerso nella ricerca.
Ammette che è complicato mettere in relazione l’uno con l’altro perché è difficile collegarli nel tempo.
“I graffiti di Torralba sono neolitici e quelli delle Isole Canarie risalgono al cambio di epoca, quando arrivarono gli aborigeni”, dice.
“C’è una somiglianza in termini di morfologia dei pezzi e in alcune parti delle decorazioni”, aggiunge.
Si ipotizza che sia in Italia che in Spagna siano stati realizzati per rispondere alla stessa esigenza: dare loro un uso identificativo.
Si trattava di una composizione geometrica utilizzata come supporto per riconoscere un clan o una famiglia.
“Alcuni popoli africani usano i colori dei loro abiti, la forma delle loro acconciature o le decorazioni delle loro ceramiche per identificarsi”, dice.
Aggiunge che “la forma della “pintaderas” è molto utile perché può essere manipolata, è piccola”.
“Dobbiamo distinguere tra tre tipi di pintaderas: quelli in pietra, come quelli usati in Egitto, in Cina e in tutta l’Asia; poi quelli in argilla, che sono modulati in modo diverso e si trovano in Europa centrale, in Turchia, nelle Isole Canarie e in Sud America; e infine quelli in legno”, spiega.
Il 20 ottobre 2023 si è svolto un forum a cui ha partecipato insieme all’archeologa italiana Giusi Gradoli e alla restauratrice della Cueva Pintada de Gáldar, Patricia Pietro.
“Abbiamo trovato molte similitudini, anche quelle che non conoscevamo, anche nella diffusione.
La pintadera è lo stesso oggetto, probabilmente con le stesse funzioni, ma due invenzioni parallele”, dice.
Sottolinea che “d’ora in poi sarà possibile effettuare studi comparativi o congiunti”.
Molina è un matematico ed è riuscito a creare un sistema di codifica per i disegni delle pintaderas di Gran Canaria che probabilmente può essere applicato anche a quelle della Sardegna.
“E d’altra parte, adottando alcune delle ricerche fatte lì come archeologia sperimentale nelle scuole, quell’esperienza può essere portata sulle isole”, dice.
Isabel Vera è alla base di un mini-documentario, che è in fase di ripresa e che potrebbe uscire nel 2025, sulle connessioni culturali tra i due territori.
Le pintaderas sono il filo conduttore.
La produzione non solo sottolinea l’importanza del ritrovamento archeologico comune, ma celebra “il ricco patrimonio culturale di entrambe le isole”.
L’argomento ha raggiunto la televisione pubblica italiana e lei desidera avere la stessa ripercussione nell’arcipelago in cui è nata.
Marco Bortolan