ad essa è legata un’antica leggenda: si racconta che mentre la sacra famiglia era in fuga, Maria chiese ad una rosa di proteggere Gesù, ma la rosa non volle per paura che i soldati potessero sciupare i suoi fiori e così la Madonna la condannò ad avere fiori belli, ma poco duraturi e uno stelo spinoso.
Poi lo chiese alla Vite, ma la vite rispose negativamente e così la Madonna decise che i suoi tralci sarebbero stati tagliati ogni anno e i frutti presi dai vendemmiatori.
Il cardo rifiutò a sua volta e ebbe anch’esso le spine.
Unica pianticella che disse subito di sì fu la salvia che con il suo profumo riuscì anche ad addormentare il Bambino Gesù.
Maria la benedisse e la fece divenire una pianta diffusa in tutti gli orti, utile per guarire e per cucinare.
Questa leggenda ha fatto sì che la salvia raccolta in particolare nella notte di San Giovanni fosse una vera panacea da cui dipendeva la salute della famiglia.
Menta:
ha molte qualità benefiche, si credeva, nella civiltà contadina che, sparsa sul pavimento di casa prima di una lunga assenza, allontanasse gli insetti.
Una sua varietà, la mentuccia, viene usata ancora oggi per preparare un piatto tipico della sera di S.Giovanni: le lumache.
Ugualmente lo si faceva per le erbe: si dice che le erbe raccolte il 24 giugno, la mattina presto, siano irrorate della benedetta rugiada inviata dal santo e pertanto risultino curative.
Leggenda vuole che le erbe raccolte in questo giorno, con la rugiada, abbiano il potere di preservare dalle malattie e dal malocchio.
Tra le erbe più note ci sono l’iperico, chiamato proprio erba di san Giovanni, l’artemisia, la verbena, il ribes rosso, aglio, cipolla, sambuco, lavanda, camomilla, mentuccia, ortica, salvia e rosmarino.
Cipolle e aglio non sono casuali, il popolo credeva che avessero il potere di scacciare le streghe.
A proposito dell’aglio il detto recitava: “Chi non compra aglio a San Giovanni, è povero tutto l’anno”.
E le erbe vecchie?
Vanno bruciate nei falò.
Verbena è simbolo di pace e prosperità
I greci ed i latini la chiamavano Hiera botane, l’erba sacra, e le attribuivano dei soprannomi pomposi: “lacrime di Iside”, “sangue di Mercurio”, “erba di Ercole”.
A Roma gli steli fioriti della verbena venivano raccolti in un luogo sacro del Campidoglio e con essi si incoronavano i sacerdoti che facevano parte del collegio dei fetiales incaricati di esaminare le cause dei conflitti tra Roma e gli altri popoli.
In latino i nomi della pianta verbenaca, verbenae, derivano da un’antichissima radice indoeuropea da cui proviene anche il greco rhabdos, verga, o più precisamente bacchetta magica.
La pianta consacrata anticamente a Venere, Venus Victrix, incoronata di verbena e mirto, veniva utilizzata nella preparazione dei filtri d’amore.
In Gallia la verbena, in celtico ferfaen, comunicava l’ispirazione divina ai bardi che per cantare se ne incoronavano.
Considerata una panacea per molte malattie, aveva il pregio di proteggere dal contagio durante le epidemie, molto frequenti durante il Medio Evo.
Bina Bianchini